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Decameron

Modelli letterari e iconografici

fotografia Nell’invenzione della storia portante riservata alla brigata decameroniana è possibile riconoscere la persistenza di una tecnica di incorniciamento di più racconti, particolarmente fortunata nella tradizione orientale. Già le Mille e una Notte nasce come raccolta di novelle, narrate con l’intento di allontanare il pericolo della morte. Analogamente il Libro di Sindbad o dei sette savi ripropone la storia di un giovane principe, che, ingiustamente calunniato e condannato a morte, riesce, grazie a un’affabulazione novellistica prolungata per più giornate, a affermare la propria innocenza, salvare la vita e guadagnare il trono. L’opera deve aver avuto conosciuto una discreta circolazione nell’Europa medievale, a giudicare dalle molteplici traduzioni, in castigliano (Sendbar o Libro de los engaños), in latino, con il titolo di Dolopathos, in antico francese, dove è chiamato Li ystoire de la male maraste, e in italiano, e potrebbe pertanto rappresentare un antecedente importante per la cornice decameroniana[1].

La contrapposizione tra l’edenico paesaggio bucolico, sfondo della narrazione della brigata, e l’infernale assetto urbano di Firenze, infestata dalla peste, sembra riproporre la dicotomica realtà affrescata nel Trionfo della morte del Camposanto Pisano[2]. La sollecitazione dell’intertesto iconografico potrebbe essere stata presente a Boccaccio, amante delle arti figurative e illustratore egli stesso, come testimoniano i richiami figurati dell’autografo decameroniano e i disegni del codice parigino, recentemente rivendicati alla mano dell’autore. Una allusione ai canti purgatoriali di Matelda, ovvero alla morfologia del paradiso terrestre della Commedia dantesca, sembrerebbe contaminarsi con l’immaginifico giardino del Roman del la rose e potrebbe scoprirsi come modello per l’ambientazione agreste della performance novellistica decameroniana. Quest’ultima si rivela influenzata tanto dall’esperienza romanza del jeu parti quanto del gioco della corte di amore, evocato nell’episodio partenopeo del Filocolo.

[1]M. Picone, Il Decameron come macrotesto: il problema della cornice, in Introduzione al Decameron, a c. di M. Picone-M. Mesirca, Firenze 2004, pp. 9-31, con indicazione della bibliografia pregressa dell’autore su questo tema.

[2]L. Battaglia Ricci, Ragionare nel giardino. Boccaccio e i cicli pittorici del Trionfo della morte, Roma 1987.

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