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Decameron

Dieci (ovvero undici) inserti lirici

La fine di ogni giornata del Decameron è siglata dall’intonazione di una ballata, compiuta a turno dai diversi membri della brigata. L’innovazione boccacciana di coniugare novella e ballata si rivela un successo, se si considera che importanti raccolte novellistiche trecentesche, da Franco Sacchetti al Pecorone di ser Giovanni, ripropongono questo inusitato sodalizio, mentre echi del felice accoppiamento prosimetrico si possono scorgere ancora nell’opera del novelliere Matteo Bandello, forse non a caso uno dei più prolifici autori di ballate del Cinquecento. Tuttavia le scelte metriche favorite da Boccaccio risultano alquanto inusitate, non trovando riscontro nella produzione lirica coeva e non allineandosi con la generale rivisitazione della forma metrica ballatistica, intrapresa più decisamente dai poeti della seconda metà del secolo.

Le ballate decameroniane oppongono infatti una pervicace resistenza alla riduzione della ripresa e della mutazione nella misura sobria e essenziale del distico, secondo la maggioritaria tendenza trecentesca[1]. La poesia decameroniana mostra al contrario una spiccata inclinazione per il modulo ternario, che sembra preferire indifferentemente tanto nell’articolazione della ripresa (nove casi su dieci) che nella confezione della mutazione (tre ballate su dieci). Analoga opzione a favore di una più distesa modalità espressiva pare governare il deciso polistrofismo boccacciano, anch’esso in contrasto con l’attitudine alla concentrazione monostrofica, tratto peculiare dell’usus ballatistico del XIV secolo.

Alle dieci ballate[2] della cornice si deve aggiungere quella intonata da Mico da Siena nella settima novella della decima giornata, Muoviti, Amore, e vattene a Messere. In questa inserzione, che rende il numero dei metri presenti nell’opera pari a dieci più uno, si può riconoscere un parallelismo con l’inserimento della cosiddetta novelletta delle papere nell’introduzione alla quarta giornata, unità narrativa che porta il computo globale delle novelle ad assommare a cento più una.

[1]G. Capovilla, Note sulla tecnica della ballata trecentesca, in L’ars nova italiana del Trecento. Atti del III Congresso internazionale sul tema: «La musica al tempo del Boccaccio e i suoi rapporti con la letteratura» (Siena-Certaldo, 19-22 luglio 1975), a c. di A. Ziino, Certaldo 1987, pp. 107-147; L. Pagnotta, Repertorio metrico della ballata italiana. Secoli XII e XIV, Milano-Napoli 1995.

[2]Io mi son giovinetta, da Sigismondo d’India, Il terzo libro dei madrigali, La Venexiana, 1998.

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