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Corbaccio

Un titolo ambiguo e una datazione discussa

fotografia Boccaccio circoscrive la vicenda del Corbaccio all’interno di precise coordinate geografiche e cronologiche. Se l’ambientazione riprende la topografia del proemio della Commedia, la determinazione temporale rimanda alla maturità biografica del poeta:

[...] e primieramente la tua età: la quale, se le tempie già bianche e la canuta barba non mi ingannano, tu dovresti avere li costumi del mondo, fuor delle fascie già sono degli anni quaranta, e già venticinque cominciatili a conoscere. (Corbaccio: 119[1])

Sulla base del riferimento testuale l’azione si colloca intorno al 1355, anno nel quale l’autore avrebbe una quarantina d’anni. Strette connessioni intertestuali avvicinano però il Corbaccio alle opere boccacciane degli anni Sessanta, come acclarato da Padoan e Marti[2]. L’aporia è solo apparente e può essere facilmente sanata distinguendo tra epoca della fictio narrativa e tempi reali della stesura dell’opera, ascrivibile verosimilmente al 1363-1365.

Più difficile risulta decodificare il significato dell’ambiguo titolo del libretto. Il termine “corbaccio” è stato messo in relazione con lo spagnolo corbacho, cioè ‘frusta’, poiché l’opera rappresenta una simbolica “scudisciata” inferta al gentil sesso. Ad un peggiorativo di “corvo” lascerebbe pensare il Bestiario di Amore di Richard de Fournival, dove l’uccello è correlato alla forza accecante di amore e dunque alla passione erotica. Il nero volatile è anche immagine ricorrente per simboleggiare il predicatore e potrebbe, in questa accezione, adombrare Boccaccio stesso, chierico pentito dei suoi trascorsi amorosi[3]. Non è esclusa neppure l’influenza del poemetto satirico ovidiano Ibis, dove il nome di un sordido uccello viene impiegato con connotazione allusiva, come potrebbe essere nel caso in cui “corbaccio” potesse essere letto come ‘corvaccio’[4].

[1]Corbaccio, a c. di G. Padoan, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a c. di V. Branca, vol. 5.2, Milano 1994, p. 462.

[2]G. Padoan, Sulla datazione del Corbaccio, in Id., Boccaccio, le muse, il Parnaso e l’Arno, Firenze 1978, pp. 199-228; M. Marti, Per una metalettura del Corbaccio, “Giornale storico della letteratura italiana”, 153 (1976), fasc. 481, pp. 60-86.

[3]Cfr. R. Mercuri, Genesi della tradizione letteraria italiana in Dante, Petrarca e Boccaccio, in Letteratura italiana Einaudi. Storia a geografia. Vol. I, L’età medievale, Torino 1987, pp. 229-455.

[4]R. Hollander, Boccaccio, Ovid’s Ibis and the satirical tradition, in Gli Zibaldoni di Boccaccio. Memoria, scrittura, riscrittura. Atti del Seminario internazionale di Firenze-Certaldo (26-28 aprile 1996), Firenze 1998, pp. 385-399.

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