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Rime

La policentrica tradizione delle rime di Boccaccio ha profondamente influenzato in negativo gli studi sulla produzione lirica dell’autore del Decameron. La maggior parte dei codici risulta relativamente tarda, ascrivibile al Quattro o al Cinquecento, e trasmette raggruppamenti di componimenti nei quali non è ravvisabile un’unità tematica o contenutistica. Un nucleo più compatto di 103 rime si legge alle cc. 60r-80r della Raccolta Bartoliniana, conservata presso l’Accademia della Crusca a Firenze.

La silloge fu considerata particolarmente autorevole da Aldo Francesco Massera, che nella sua edizione critica[1] la privilegiò per l’accuratezza della trascrizione e per l’intrinseca omogeneità. All’editore si deve anche la disposizione degli sparsi frammenti lirici secondo un ordine pseudobiografico, informato a una parabola amorosa. Le rime erotiche della giovinezza, di più evidente stampo stilnovistico, sono espressione felice dell’innamoramento per Fiammetta, originalmente proiettato su uno scenario marino e partenopeo. L’allontanamento del poeta da Napoli e la successiva certezza del tradimento dell’amata sono motivo di un canto doloroso, al quale succedono liriche gnomiche e parenetiche, concentrate sulla riflessione metaletteraria e sull’espressione della lode religiosa, che vengono ascritte alla maturità biografica di Boccaccio.

La varietà dei motivi -stilnovistici, tardogotici, comico-realistici- corrisponde alla pluralità dei registri stilistici. Il richiamo ai modelli eccellenti di Dante e Petrarca, particolarmente evidente, può essere ancorato a momenti biografici distinti, accogliendo la dicotomia amore giovanile-pentimento senile, suggerita dalla Mavortis Milex[2].

Se non è possibile acclarare l’esistenza di un macrotesto d’autore, l’emergenza di sequenze di rime, giustificabili sulla base di una serie di rapporti intertestuali di natura tematica, stilistica e lessicale, sembra ormai accertata assieme all’evidenza di un microcanzoniere erotico giovanile, databile agli anni 1334-35.

[1]Rime di Giovanni Boccaccio, a c. di A.F. Massera, Bologna 1914.

[2]Per questa affermazione come per quelle immediatamente successive cfr. G. Natali, Il Canzoniere di Giovanni Boccaccio, “La Cultura”, 39 (2001), pp. 55-89; I. Tufano, “Quel dolce canto”. Letture tematiche delle “Rime” di Giovanni Boccaccio, Firenze, 2006.

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