Carducci e i miti della bellezza - Lidia: «angelo» e «pantera»

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Carducci e i miti della bellezza

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La storia d’amore fra Giosue Carducci e Carolina Cristofori coincide con la stagione più feconda del poeta che, dopo Primavere elleniche (1872), mette a punto Odi barbare (1877) insieme a numerosi canti che confluiranno in Rime nuove (1887).
Nata a Mantova, il 24 dicembre 1837, da Andrea, medico di talento e umanista, Carolina perfezionava l’educazione letteraria sotto la guida paterna, coltivando un vero e proprio amore per Ugo Foscolo, studiando il francese e il tedesco, lingue entrambe lette e scritte con sicura familiarità. Sposa del garibaldino Domenico Piva (1826-1907), colonnello, poi generale di brigata dell’esercito nazionale, dal quale ebbe sei figli, visse in molte città, per risiedere infine a Bologna, dove, provata da gravi lutti e consunta dalla tisi, si spegneva il 25 febbraio 1881, assistita anche da Carducci, sebbene fin dal 1878, il loro rapporto fosse entrato in crisi.
Del memorabile sodalizio amoroso, più immaginato che vissuto, è diario fedele l’epistolario carducciano, in cui Lina («Lidia»), creatura di un mondo ideale, incarna i ruoli di volta in volta a lei attribuiti dal poeta: «Ebe divina», «angelo», eppure «pantera», capace di risvegliare nel partner un’«orribile smania» di gelosia.
La mostra privilegia documenti che attestano la genesi della liaison, di cui fu artefice la scrittrice Maria Antonietta Torriani (1846-1920), amica di lei a Milano e devota del «fiero poeta repubblicano», più nota in seguito come Marchesa Colombi. Il dialogo, solo epistolare nel 1871, prende le mosse dal volume carducciano Poesie, per divenire totale complicità sentimentale ed intellettuale all’indomani del primo incontro, il 9 aprile 1872 a Bologna, nuovo faro culturale dello stato unitario e capitale della musica dell’«avvenire», dove Lina era già approdata nel novembre del ’71 per la prima del Lohengrin. Alla voce dell’autore di Alla stazione in una mattina d’autunno fa eco quella della musa ispiratrice nelle dediche dei libri donati a Giosue e in alcuni versi sottoposti al vaglio dell’amante.

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Carolina Cristofori Piva, Milano, 27 luglio 1871, a Giosue Carducci
La prima missiva di Lidia a Giosue: sulla terza pagina un sonetto di lei foggiato su quello carducciano Bella è la donna mia se volge i neri / occhi stampato nelle Poesie (Firenze, Barbèra, 1871), il volume che Carolina ha appena letto con passione, con «delirio», quasi si trattasse di un libro dell’amato Foscolo.

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Lina con il primogenito, 1865
Laisné & Cie, Palerme, fotografia albumina. Carolina, giovane sposa, tiene in braccio il piccolo Guido nato durante il soggiorno a Palermo.

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Giosue Carducci nel 1871
Foto Angiolini e C., Bologna. «Il fiero poeta repubblicano è giovane ancora, piccolo nella persona, e svelto ed irrequieto. […] La sua toletta è la negazione del convenzionalismo. I suoi capelli neri insubordinati come le sue opinioni, gli fanno intorno alla fronte una capricciosa aureola. Parla animatissimo e con grande rapidità, ma tuttavia non riesce ad affrettarsi abbastanza, perché i suoi occhi neri e sorridenti non precedano la parola (Maria Antonietta Torriani, Dietro le scene, «Il Passatempo», Torino, 15 settembre 1871).

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Ritratto di Lidia, 1872
Fotografia albumina recante la firma e la data autografe «23 luglio 1872». È l’immagine dell’amante più cara al poeta: «Dolce pantera […] Quanto ho avuto caro il ritratto, amor mio! quanto sei buona!», le scrive il 24 luglio 1872 e due giorni appresso: «Come sei bella nel tuo velo nero, o stella vespertina! Ave, maris stella».

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Carolina con il capo «intorneato dalle trecce di morbido castagno»
F. Heyland, Milano, fotografia albumina datata «2 ag. 72».


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Poi di me ride
Versi di Lina scritti a lapis sulla prima facciata di una cartellina in cui Carducci ha raccolto alcuni suoi frammenti di traduzioni da H. Heine: «Ride, ma pure un dì posato il pallido / Capo, sul mio guancial pianger io vidilo / Le mie disciolte chiome e i lacci rosei / Ebro baciando / Vidilo armato di divina cetera / Destar per me i sepolti echi dell’Ellade / Per me alla Grecia e al Lazio osò contendere / Le ambite palme».

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Dichtergrüße. Neuere deutsche Lyrik ausgewählte von Elise Polko. Fünfte auflage, Leipzig, Umelang, 1869.
La raccolta di lirici tedeschi (fra gli altri Goethe, Heine, Uhland, Chamisso) reca nell’antiporta, illustrata con l’immagine della musa Polimnia circondata da decorazioni floreali, la dedica di Lidia a Giosue in tedesco: «Questo Dichtergrüße al mio unico poeta e amico/ Lina / 18 Luglio 77».

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G. Carducci, Alla stazione
Le prime cinque strofe dell’ode barbara Alla stazione (in una mattina d’autunno), qui in una redazione autografa percorsa da varianti e correzioni.


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Raffaele Faccioli, Viaggio triste, 1882
Olio su tela (Roma, Galleria Nazionale d’Arte moderna): in sintonia con i versi di Alla stazione in una mattina d’autunno (Odi barbare, 1877), la composizione ‘ferroviaria’ del bolognese Faccioli (1845-1916), la cui pittura «così verosimile, e così facilmente commovente, incontrava il gusto di tutta la borghesia europea» (Eugenio Riccòmini).


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