Totò partenopeo e parte napoletano. Totò poeta - Totò critico dei linguaggi

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Totò partenopeo e parte napoletano. Totò poeta

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Poesia

Manoscritto con abbozzo di versi. La seconda parte è un abbozzo della poesia Tutto è finito, pubblicata con altre varianti

Poesia

Abbozzo della poesia d’amore ‘A statuetta. Da notare in basso a destra la ricerca di parole rimanenti in –esca

Poesia

Totò nella rivista C’era una volta il mondo (Genova, Museo Biblioteca dell’Attore)

Il grande sogno che Totò coltivò nei suoi ultimi anni di vita fu quello di realizzare un film completamente muto.


Racconta Franca Faldini: “Fu allora [dopo la partecipazione a film d'autore come La mandragola] che gli si ridestò dentro un briciolo di ambizione combattiva e trovò la forza di proporre un'idea che accarezzava da tempo: girare un film muto, ricco di gag e di situazioni come le vecchie comiche, internazionalmente comprensibile poiché, come sosteneva, "io non ho il dono della parola e nel caso mio il dialogo smonta e immeschinisce tutto. Sono un comico muto, né antico né moderno perché non esiste la comicità antica o moderna, esiste la comicità, punto e basta. E meglio che con i dialoghi so esprimermi con la mimica". La proposta cadde nel nulla.
Totò considerava gli aspetti verbali della sua comicità meno importanti di quelli mimico-gestuali. Già nel 1940 in una intervista rilasciata a Cesare Zavattini (pubblicata sulla rivista "Scenario"), l'attore aveva dichiarato: "Credo che i cartoni animati siano surreali e metafisici nel mio senso un po' ingenuo: per questo vorrei essere il protagonista di un cartone animato. Anche perché vorrei parlare pochissimo" .


Malgrado le sue aspirazioni, Totò è stato anche un grande comico di parola e questo aspetto della sua arte, oltre ad essere amato dalle varie generazioni di appassionati, è stato analizzato e considerato da linguisti e critici.
Il primo riconoscimento venne dall'inserimento della sua opera nella prima ricostruzione storica dell'italiano postunitario, la Storia linguistica dell'Italia unita di Tullio De Mauro (1963), dove veniva riconosciuto all'attore il merito di aver caricato di ridicolo alcune parole auliche, finendo così per avere un'influenza sullo sviluppo storico della lingua italiana.

Dipinto