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Vitaliano Brancati e Giardina
Vitaliano Brancati e Guglielmino
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Ritorno all'isola La Sicilia natale è la terra d'ispirazione delle opere più significative di Brancati. Anche quando ne è lontano l'isola esercita su di lui un fascino irresistibile. In uno dei paradossi di cui è ricca la sua scrittura dirà che gli è difficile vivere altrove perché «lo scirocco» che spira a Catania «lo ha abituato a un malessere più confortante della salute stessa». Fra il 1937 e il 1941 Brancati insegna a Caltanissetta, nell'Istituto magistrale che conta fra gli allievi Leonardo Sciascia. Immerso nel ritmo e nelle abitudini della provincia, trascorre lunghi pomeriggi al Caffè, fra le chiacchiere degli amici che tanta parte avranno nella sua opera.
Quando in un caffè di Caloria (lasciatemi chiamare così la città siciliana di cui facilmente indovinate il nome), quando in un caffè di Caloria vedete un gruppo che, d'un tratto, rimuove brutalmente il tavolo per essere più stretto intorno al narratore, e colui che sonnecchiava sgrana gli occhi, lampeggiando attraverso le lacrime del sonno non ancora asciugate, e il vecchio signore si passa fortemente la mano sulla bocca contorta, e il ragazzo di liceo tiene, come un confetto, la lingua fra i denti, e tutti sono curvi in avanti con le facce piene di sangue, allora siate certi che si parla della donna Il pensiero della donna, che non sia la propria, batte come il sangue nel cervello di tutti. Questo avere i sogni, e la mente, e i discorsi, e il sangue stesso perpetuamente abitati dalla donna, porta che nessuno sa reggere alla presenza di lei. (da I piaceri, 1943)
Il gallismo, con la sostituzione di una vita sognata a una vita vissuta, con la sua altalena di vagheggiamenti e di frustrazioni, si allarga a emblema di un modo d'essere. Le sorelle di Giovanni, tenute lontane dalla camera, credevano che i tre amici parlassero di affari... Invece mugolavano sul piacere che dà la donna. “Io,” diceva Scannapieco, “attraverso un momento brutto! Salgo muri lisci! Non posso guardare nemmeno una caviglia che...uhuuu! Non ci son donne che mi bastino!” “E io, sangue d'un cane?” “Ma perché la donna deve farci quest'impressione? Vedo quei continentali calmi, sereni!... Non ne parlano mai!” Diventavano autocritici: “E' che a Catania, di donne se ne vede una ogni mille anni!”
Al tempo del fascismo vedevo questa terra come la patria del buonsenso e della ragione. E può darsi che una follia provinciale com’era il fascismo desse veramente alla normalità provinciale della Sicilia un aspetto di civiltà. Ma oggi le cose sono cambiate, e al confronto di una vera civiltà, la mia povera isola diventa la sede di una calma e leggermente paurosa pazzia senile. (da Lettere da un matrimonio, 1952)
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