Marinetti e il Futurismo - Le adesioni al futurismo

Sommario     Pagina precedente     Pagina successiva     Indice mostre

Marinetti e il Futurismo

titolo


pag043

Tullio D’Albisola, L’anguria lirica. Roma, Edizioni futuriste di «Poesia» Savona, Lito-latta, (1934)

pag052

Giacomo Balla, Cartolina per F. T. Marinetti

pag040-foto03

Giacomo Balla, Caricatura sintetica di Marinetti, 1924

pag040-foto01

Giuseppe Grandi, Ritratto di F.T. Marinetti, 1908

          

Nel 1913 il gruppo dei futuristi, raccolto a Milano attorno a Marinetti, s'ingrandisce d'una serie di adesioni, che giungono da diverse città d'Italia. All'estero la figura di Marinetti affascina molti giovani talenti: dal portoghese Pessoa al catalano Salvat-Papasseit. E la stessa casa del poeta, il quale abita adesso non più in via Senato 2 ma nella "Casa Rossa" di corso Venezia 61, è meta d'un via vai che s'infittisce progressivamente: letterati, pittori, belle donne, forestieri, furbacchioni attratti dalla notorietà milionaria del padron di casa: che certo è un uomo di vaste disponibilità (tanto che ha riservata per sé in permanenza anche una camera nell'Hotel Milano) ma è anche molto attento ai conti e a far sì che certe spese spettacolari accrescano la statura della sua immagine. Marinetti batte il tempo del secolo, è il primo esponente della cultura a comprendere i meccanismi della comunicazione.

Dal 1913 si avvicinano a Marinetti e ai suoi compagni di Milano parecchi giovani che giganteggeranno: il pittore romano Mario Sironi, grande amico (ma non succube) di Boccioni; Enrico Prampolini, anch'egli romano, pittore e architetto; l'architetto comasco Sant'Elia; il pittore roveretano Fortunato Depero; il fantasioso poeta napoletano Francesco Cangiullo, che annota la simpatia stabilitasi nella città vesuviana tra Marinetti e alcuni ingegni anticonformisti, come Vincenzo Gemito, Ferdinando Russo, Scarpetta e Raffaele Viviani.

Ma più importante è l'alleanza che Marinetti e i futuristi milanesi stabiliscono nel '13 con il gruppo dei giovani scrittori e pittori fiorentini d'avanguardia, che fa capo, a Firenze, alla rivista "Lacerba" e alle due colonne portanti di essa: Giovanni Papini e Ardengo Soffici. Nel 1911 Marinetti, Boccioni, Russolo e Carrà erano andati apposta a Firenze per "cazzottare" Soffici e compagni: che s'erano presi poi la rivincita (Palazzeschi si teneva fuori, ironico e felpato) l'indomani alla stazione. Ma era sbocciata subito la pace. Così nasce nel '13 l'asse futurista Milano-Firenze, sventola la bandiera di "Lacerba" (che si giova di cospicue sovvenzioni di Marinetti), si crea in Firenze un attivo polo d'attrazione e si giunge a un evento memorabile che dinamizza tutto un vasto ambiente culturale, il quale ha nei caffé "Giubbe Rosse" e "Paszkowski" gli animati punti di riferimento: una tumultuosa manifestazione di declamazionì, di allegria, di polemiche nel teatro "Verdi".
L'asse futurista Milano-Firenze però dura poco, perché Soffici non accetta la preminenza di Boccioni e perché Papini si rende conto che il Futurismo, per gran parte, è una materia plasmata giorno per giorno da Marinetti: sicché nel "marinettismo", come lo chiama, egli non vuole aver parte.

 

pag040-foto02

Antonio Marasco, Il gesto di Marinetti, 1923