I libri segreti.Le biblioteche di Gabriele D'Annunzio - D'annunzio e i contemporanei

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 I libri segreti. Le biblioteche di Gabriele D'Annunzio

testatina

 


Alla Capponcina

D’Annunzio alla Capponcina fotografato da Nuñes Vais.

 

Nella Piccionaia

D’Annunzio nello «studio alto» della Capponcina (per lui è la Piccionaia) fotografato da Nuñes Vais.

 

Lo studio

Lo studio di D’Annunzio nello châlet Saint Dominique di Arcachon. Il calco dell’Apollo arcaico traslocherà al Vittoriale per collocarsi nella Veranda detta appunto dell’Apollino.

 

Hevelina Scapinelli

La Sala dei Calchi nella nuova ala di Schifamondo al Vittoriale. Hevelina Scapinelli, detta Titti, posa davanti alle scaffalature disegnate dall’architetto Carlo Maroni.

     

Stravagante e sopra le righe, con una sottile vena di follia secondo l’opinione dei più, tanto premiato da lettori e seguaci quanto inviso ai letterati testimoni della sua splendida avventura, D’Annunzio resta per molti versi incompreso. Benché non gli si neghino spiccate doti liriche, non trovano posto nel nostro Parnaso la disinvoltura del poligrafo e dell’oratore, né gli atteggiamenti del divo e dell’istrione, né l’ agonismo sportivo e tanto meno le gesta eroiche del guerriero culminanti nell’inaudita conquista di Fiume. Per mettere a fuoco la dirompente modernità del suo “vivere inimitabile” avremmo dovuto combinare agli amori di Foscolo la passione politica di Byron, i debiti di Dostoevskij o i paradisi artificiali di Baudelaire. Occorreva però spingersi oltreconfine; e subito, fin dal debutto dell’adolescente ansioso di bruciare le tappe, in tutto simile, negli esordi giornalistici, al Kipling premiato con il Nobel che a lui si nega.


Il solo scrittore che l’Italia dell’ultimo Ottocento riesca a esportare ha in effetti destato più diffidenza che consensi. Carducci e i carducciani, plenipotenziari nelle istituzioni culturali, non potendolo contrastare in altro modo, ordiscono contro di lui una congiura del silenzio che avrebbe lo scopo, ma invano, di isolarlo e deprimerlo, mentre la vecchia guardia verista, meno astuta, gli ammannisce moralistiche paternali non accorgendosi che il redarguito l’ ha già scalzata. Quanto ai concorrenti coetanei, l’ombroso Pascoli si tinge del “livido color de la petraia” per insinuare maligno che solo la mondanità sportiva assicura la fama, pertanto usurpata, del “beniamino della sorte”; e Pirandello s’incupisce della stessa invidia, frustrato dalla lunga attesa delle scene che invece la Duse ha offerto al seduttore irresistibile, dinanzi al quale tutte le porte si spalancano.  E prima la Scuola storica trova nel manierismo dannunziano materia d’elezione per accertamenti pedanteschi di plagi da additare a pubblico ludibrio; quindi è la volta delle censure di Croce (e seguaci) che bollerà senza appello il “dilettante di sensazioni”; infine la sua opera verrà messa all’ Indice perché oltretutto non ha rinunciato a blasfemi motivi religiosi, dai “cieli pregati con selvaggia fede” della superstizione popolare all’agiografia decorativa.

Lumbroso

Il barone Alberto Lumbroso propone di costituire una «Fondazione Gabriele D’Annunzio» presieduta da Giovanni Pascoli (8 febbraio 1912).

Istruzioni autografe per il rilegatore

Istruzioni autografe per il rilegatore.

Una pagina della Contemplazione della morte

Una pagina della Contemplazione della morte (1912), la prosa in cui D’Annunzio commemora la morte di Pascoli. Il facsimile dell’autografo è pubblicato in volume per iniziativa della Fondazione Banca Credito Agrario Bresciano, Verona 1992.