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Le donne assumono un particolare rilievo nel Furioso come attesta la posizione incipitaria del termine al primo verso del primo canto. Accanto ai destinatari ufficiali del romanzo (Ippolito d’Este e la sua famiglia), Ariosto guarda ad un altro orizzonte che gli consente un rapporto più libero con il pubblico: l’orizzonte delle donne, destinatarie di secondo livello del romanzo, ma non per questo di secondo piano rispetto ai destinatari istituzionali. Dietro la presenza delle donne, spesso lodate, omaggiate, ammirate, come nel caso di Lucrezia Borgia (XIII, 69-71; XLII, 83, 1-2) o di Isabella d’Este Gonzaga (XIII, 59, 68; XLI,67; XLII, 84) si nasconde l’attenzione amorosa per Alessandra Benucci, mai nominata esplicitamente ma quasi certamente destinataria delle ottave contenute in XLII, 93-95. Le donne unite agli amori consentono al poeta il riconoscimento della propria identità; minacciando l’ingegno del poeta, permettono l’autocoscienza dell’autore che si vede proiettato, come il cavaliere Orlando, nell’universo minaccioso dell’errore e della follia (sebbene l’Ariosto non arrivi a perdere il senno). Tra le occorrenze più significative riscontrate nel romanzo ricordiamo: ‘Le donne antique hanno mirabil cose / fatto nell’arme e ne le sacre muse’ (XX, 1, 1-2); ‘Cortesi donne e grate al vostro amante, / voi che d’un solo amor sète contente’ (XXII, 1, 1-2); ‘Molti consigli de le donne sono / meglio improviso, ch’a pensarvi usciti’ (XXVII, 1, 1-2); ‘Donne, e voi che le donne avete in pregio’ (XXVIII, 1,1); ‘Che d’alcune dirò belle e gran donne’ (XLIII, 4); ‘Oh di che belle e saggie donne veggio’ (XLVI, 3, 1). Il romanzo ariostesco tuttavia non è alieno da un sottofondo misogino che, sebbene in un contesto di apertura e di omaggio verso le donne, riserva non di rado scatti misogini come nel caso della chiusa del canto XXIX. Ma oltre lo scatto d’ira misogino Ariosto non va, come dimostra il successivo rammarico all’apertura del canto XXX. |