La cronologia compositiva del Decameron e le modalità di divulgazione dell’opera sono ancora oggi piuttosto incerte. Se un sicuro termine post quem è rappresentato dal flagello della peste nera, che investe Firenze nel 1348 e riecheggia nella cornice decameroniana, più complesso è riuscire a fissare un termine ante quem, che segni la fine dell’elaborazione del testo. Secondo Leonardo Salviati l’opera può ritenersi conclusa già nel 1353, limite che Vittore Branca ha ritenuto opportuno anticipare al 1351[1].
Non sarebbe però corretto marcare con un anno preciso l’arresto di un processo elaborativo che la documentazione manoscritta ci obbliga a considerare incessantemente in fieri. La redazione autografa del 1370, tràdita dal codice Hamilton 90, che ci trasmette l’ultima volontà dell’autore, attesta infatti numerose varianti, annotate nei margini o nell’interlinea, a conferma dell’instancabile impulso correttorio e dell’inarrestabile brama scrittoria di Boccaccio. L’acquisizione delle date sopra ricordate non illumina inoltre sul momento iniziale della composizione, nel quale Boccaccio inizia a redigere novelle in prospettiva del progetto Decameron. Non ci è dato perciò sapere se alcune unità, ascrivibili teoricamente al periodo napoletano, siano poi rifluite nella silloge in un momento successivo, secondo quanto ritenuto da Benedetto Croce[2]. Al soggiorno fiorentino è comunque verosimilmente riconducibile il nucleo centrale della raccolta[3].
Nell’introduzione della IV giornata (IV: Introduzione, 5-7[4]) si legge una famosa recriminatoria contro i detrattori. Senza escludere che si possa trattare di una fittizia excusatio non petita, mirata ad arginare in anticipo alcune critiche prevedibili, la testimonianza lascerebbe supporre che la pubblicazione del Decameron sia avvenuta in corso d’opera e per parti. Non è possibile però accertare se queste coincidessero con blocchi di novelle oppure con singole giornate.
[1]L. Salviati, Degli auuertimenti della lingua sopra'l «Decamerone» volume primo del caulier Lionardo Saluiati diuiso in tre libri: ... Ne' quali si discorre partitamente dell'opere, e del pregio di forse cento prosatori del miglior tempo, che non sono in istampa, de' cui esempli, quasi infiniti, e pieno il volume ..., In Venezia (In Venezia, presso Domenico, & Gio. Battista Guerra, fratelli, 1584); V. Branca, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio. II, Roma, 1991, pp. 147-162.
[2]B. Croce, La novella di Andreuccio da Perugia, in Id., Storie e leggende napoletane, Bari 1923, pp. 45-84.
[3]L. Battaglia Ricci, Boccaccio, Roma 2000, p. 124.
[4]Giovanni Boccaccio, Decameron, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. I, pp. 460-461.