V. Avventure amorose a lieto fine
Espletato l’ufficio della narrazione luttuosa, che impegna i giovani della brigata durante la quarta giornata, tocca ora a Fiammetta guidare il racconto verso tonalità rasserenate, precipue delle storie che si concludono con un lieto fine. Il tema imposto prevede che si descriva, secondo la rubrica, “ciò che a alcuno amante, dopo fieri o sventurati accidenti, felicemente avvenisse”. L’epilogo positivo, associato all’argomento erotico, segna un ritorno dell’elemento avventuroso, che aveva dominato nella seconda giornata, avente per oggetto gli alterni casi della Fortuna. Il motivo del viaggio marino, ad esempio, che rappresenta una delle componenti costitutive del romanzo alessandrino, informa tanto il rapimento di Efigenia nella novella di Cimone (1) quanto la fuga disperata di Gostanza alla ricerca di Martuccio Comito (2). La campagna romana, opportunamente stilizzata sul paesaggio boschivo dei romanzi cortesi, fa invece da sfondo alla quête di Pietro Boccamazza, che riesce a impalmare l’amata Agnolella, catturata dai ladroni (3). Le peripezie del nobile romano avvengono per terra e non per mare, come nelle due narrazioni precedenti (1 e 2), ma il ricongiungimento tra gli amanti, suggellato, come in tutti i casi della quinta giornata, dall’unione matrimoniale, si offre analogamente in premio al termine di un percorso rocambolesco, sul modello del romanzo d’avventura.
Un’eco nostalgica di valori aristocratici, ormai al declino, informa le novelle più famose della giornata, che vedono protagonisti Nastagio degli Onesti (8) e Federigo degli Alberighi (9). Il trait d’union della liberalità accomuna i due nobili innamorati: Nastagio disperde invano i suoi averi, con l’intenzione di guadagnare l’affetto di una Traversari; Federigo non esita a sacrificare l’ultimo bene rimastogli, un falcone, per onorare l’amata Giovanna, sua ospite, e a imbandire per pranzo le carni dell’animale. Il nobile gesto sancisce simbolicamente il trascendere di un’attitudine alla liberalità in vera magnanimità[1].
[1]L. Surdich, Boccaccio, Bari 2001, p. 155.