titolo Ludovico Ariosto

Decameron

VII. Beffe di donne

La dissacrazione con effetto parodico di pratiche e litanie religiose, piegate all’allusività del doppio senso a sfondo erotico, è scoperta nell’orazione della fantasima, la fittizia preghiera apotropaica con la quale monna Tessa riesce ad avvisare il proprio amante Federico della presenza in casa del marito e a consigliargli di allontanarsi (1). Analogamente frate Rinaldo finge di compiere un rito purificatore dalle finalità taumaturgiche, per occultare il vero motivo della visita all’amante Agnese, e strumentalizza così, con blasfema ironia, i poteri religiosi conferitigli dalla tonaca (3).

Ambientata a Bologna, la vicenda di Anichino e Beatrice è senz’altro la narrazione più densa di echi letterari di questa decade (7). L’innamoramento avviene per audita, come nella migliore tradizione cortese, e la dichiarazione all’amata si manifesta durante una partita a scacchi, secondo il modello romanzesco. Il topos tristaniano dell’incontro degli amanti sotto il pino, pure messo a frutto da Boccaccio in questa novella, appare però piegato alle esigenze di una narrazione comica. Sotto la pianta Anichino picchia con un bastone Egano, il marito di Beatrice, e grazie ad un sottile stratagemma, ordito dalla donna, riesce a convincere Egano di non essere l’amante di sua moglie.


La fede battesimale dell’Ariosto, da M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto ricostruita su nuovi documenti, vol. I, Genève, L. Olschki, 1930-1931, p. 39

Decameron, VII, 2. Wien, Österreichische Nationalbibliothek, ms. 2561, c. 247v. Boccaccio visualizzato: narrare per parole e per immagini fra Medioevo e Rinascimento, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. III, p. 227.

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