VIII. Riprovazione dell’amore prezzolato
Le due novelle iniziali sembrano centrate sulla riprovazione dell’amore prezzolato. L’avidità femminile è ripresa da Gulfardo (1), che fa credere all’amata madonna Ambruogia di soddisfare la sua cupidigia, donandole duecento fiorini d’oro. In realtà il mercenario tedesco non intende indennizzare la donna per i piaceri sessuali ottenuti, secondo quanto da lei espressamente richiesto, ma se ne serve come tramite per restituire il denaro che ha preso in prestito dal marito, il ricco mercante Guasparruolo. Un’analoga beffa è quella giocata dal prete di Varlungo a monna Belcolore (2). La rozza contadina, antesignana delle figure femminili della letteratura rusticana, si pensi, ad esempio, alla Nencia da Barberino di Lorenzo dei Medici, si concede al religioso per un pregiato mantello in tessuto di Fiandra, che, dopo la prestazione sessuale, le viene abilmente sottratto dal prete.
La disavventura palermitana di Salabaetto (10) ricalca da vicino quella di Andreuccio da Perugia (II, 5). Come Andreuccio è derubato da Fiordaliso, prostituta palermitana che incontra a Napoli, così Salabaetto è ingannato dalla scaltra meretrice siciliana madama Iancofiore. Se la Fortuna soccorre Andreuccio, che torna a casa più ricco di prima, Salabaetto si fa giustizia da solo, grazie alla propria astuzia. La sua iniziativa beffarda, ai danni di Iancofiore, riscatta l’ingenuità di Andreuccio e certifica un diverso atteggiamento nei confronti della realtà, che non sembra più presieduta da forze insormontabili, ma piuttosto governata dall’ingegno umano.