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Il Roman de la Rose
Poema allegorico di circa 20.000 octosyllabes, composto, in lingua d’oïl, da due distinte sezioni scritte da Guillaume de Lorris tra il 1229 e il 1236 e da Jean de Meung tra il 1269 e il 1278. Alla prima parte, più breve e ideologicamente improntata alla tradizione cortese, segue, riprendendone e sviluppandone la vicenda, una seconda parte molto più ampia, ricca di numerose digressioni scientifiche e teologiche, che si configura però come critica radicale alle convenzioni cortesi, trasformando di fatto il romanzo da narrazione di un’esemplare vicenda cortese in una summa enciclopedica del sapere medievale, orientata in direzione marcatamente laica e naturalistica. Protagonisti del racconto sono l’Amante e la Rosa, simbolo dell’amata; attorno a questi due personaggi ruotano numerose personificazioni allegoriche, alcune delle quali cooperano con il protagonista nella conquista della Rosa, mentre altre vi si oppongono strenuamente. Nonostante le sensibili divergenze tra le due sezioni, il poema godette di uno straordinario successo, testimoniato dall’ampia circolazione manoscritta e dalle numerose imitazioni. Notevole influenza questo testo esercitò anche sull’opera di Dante. Se il Fiore e il Detto d’Amore, di fatto due rifacimenti della Rose, rappresentano il momento di più evidente valorizzazione del modello, il poema francese costituì un imprescindibile riferimento, sia pure implicitamente polemico, anche per la Commedia. Se la visione teocentrica di Dante si oppone all’antropocentrismo di Jean e se la compiuta struttura formale della Commedia supera di gran lunga il non sempre ordinato procedere narrativo della Rose, andranno però valorizzate non solo le numerose analogie tra la descrizione dantesca del paradiso terrestre con Matelda e quella del giardino di Piacere con la bella Oiseuse, che inaugura la sezione di Guillaume, ma anche le non rare tracce offerte alla rappresentazione dell’inferno dantesco dalla raffigurazione dei regni ultraterreni presentata da Jean in un lungo excursus.
 
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