Passioni aperte. Uno sguardo dal XXI secolo

Le passioni, da che ne è sorto il discorso, si giostrano su uno “stesso“ – una sola cosa accade, ma prende un nome diverso rispetto al soggetto cui accade (allora si chiama affezione) e rispetto al soggetto che la fa accadere (in questo caso, quest’unica cosa si chiama azione) – e su una certa “alterità“. Questa é l’alterità del reale: io posso essere l’agente stesso della mia affezione (del mio subimento o pathos): ma i due io o i due me devono esser realmente distiniti quanto “io stesso“ da un’ “altra perona“.

La stessità, nelle passioni, nelle emozioni, in genere dei patimenti (tra i quali spicca il sentire), cede il passo ad un altro che non è dell’ordine discorsivo o significazionale (i due ordini sono presenti nel “guidizio“: una sola cosa accade…), ma è il tutt’altro da essi: la realtà.

La passione è “altra“ o “plurale“ perchè reale: il pensiero filosofico – sin troppo “discorsivo“ – è particolarmente inetto a “contenerla“. Non c’è nulla di casuale nel fatto che le passioni siano narrate, e viste, e musicate, e cantate.

Il seminario di studi è a cura di Rossella Bonito Oliva e Pietro d’Oriano.

Le tre giornate dedicate alle Passioni in filosofia, in letteratura, cinema e teatro, a cura del CIRFA sono le seguenti:

martedì 28 febbraio: Pensare il pathos?
martedì 7 marzo: Irriducibili passioni
martedì 14 marzo: Les passions de l’âme