
Calvino nello studio della sua abitazione parigina.
“A Parigi ho la mia casa di campagna... facendo lo scrittore una parte la posso svolgere in solitudine, non importa dove, in una casa isolata in mezzo alla campagna, o in un’isola; questa casa di campagna io ce l’ho nel bel mezzo di Parigi”

Sulla copertina di “Tì con zero” e riprodotta una composizione modulare di Victor Vasarely,” Pyramides mètaliques en unitè”, che allude all’astrattismo deduttivo degli ultimi racconti

La “Dinamica Circolare” di Marina Apollonio illustra la copertina di “Tì con zero” nella collana “Nuovi coralli”

Disegno di Emilio Tadini per il racconto “L’origine degli uccelli”, pubblicato sulla rivista di fumetti “Linus” (luglio 1967)

Una immagine del “Maggio francese” (1968). “Il lato dell’utopia che ha più cose da dirci è quello che volta le spalle alla realizzabilità l’utopia come città che non potrà essere fondata da noi ma potrà fondare se stessa dentro di noi, costruirsi pezzo per pezzo dentro la nostra capacità d’immaginarla”

Interessato a un’idea di narrativa come processo combinatorio, Calvino prende parte a Parigi ad alcuni seminari di semiologia coordinati da Ronald Barthes.

A Raymond Queneau, estroso ed enciclopedico fondatore dell’ouvroir de littérature potentielle (Oulipo), Calvino riserva le sue rare prove di traduttore, fra cui quella del romanzo “I fiori blu”

George Perec. Dell’autore di “La vie: mode d’emploi” Calvino condivise sia il gusto di una narrazione plurima o “iper-romanzo”, sia la ricerca di una sintesi fra spirito sistematico e imprtevedibilità inventiva

Riunione dell’Oulupo a Boulogne, presso Parigi , 23 settembre 1975 , nel giardino di Francois Le Lionnais (al centro con il giornale aperto, alla destra di Queneau)

“Il castello dei destini incrociati” appare in una lussuosa edizione d’arte (Franco Maria Ricci, Parma 1969), che riproduce i tarocchi quattrocenteschi, miniati da Bonifacio Bembo per il Duca di Milano

Tavola da “Il castello dei destini incrociati”. In questo libro alcuni personaggi, resi muti da un incantesimo, raccontano la propria avventura allineando su un tavolo dei tarocchi. Ne scaturisce una sorta di cruciverba di racconti, leggibile in ogni direzione.

Quattro anni dopo Calvino ripete l’operazione con i popolari tarocchi marsigliesi. Nasce così “La taverna dei destini incrociati”

In Versilia (litorale toscano) nel 1969

“Le città invisibili”(1972). In copertina il dipinto di Renè Magritte “Il castello dei Pirenei”

Abbozzo di indice delle "Città invisibili"

Appunti autografi per le "Città invisibili"

Schema delle “Città invisibili” nella ricostruzione di Claudio Milanini. Thomas More attribuì all’isola di Utopia 54 città e descrisse solo la capitale.
Calvino al contrario descrive 54 città ognuna diversa dall’altra, lasciando al centro del reticolo una casella semivuota (“chi va a Bauci non riesce a vederla)

“La mia Parigi è la città della maturità: nel senso che non la vedo più con lo spirito di scoperta del mondo che è l’avventura della giovinezza. Sono passato nei miei rapporti con il mondo dall’esplorazione alla consultazione”

Calvino riceve nel 1972 a Roma il premio dell’Accademia dei Lincei.

Calvino con Montale.
“Il poeta della nostra giovinezza è stato Eugenio Montale: le sue poesie chiuse, dure, difficili, senza nessun appiglio a una storia se non individuale e interiore, erano il nostro punto di partenza: il suo universo pietroso, secco, glaciale, negativo, senza illusioni, è stato per noi l’unica terra solida in cui potevamo affondare le radici” (1959)

Calvino con Jorge Luis Borges.
“Scoprire Borges è stata per noi veder realizzata una potenzialità vagheggiata da sempre: veder prendere forma un mondo a immagine e somiglianza degli spazi dell’intelletto, abitato da uno zodiaco di segni che rispondono a una geometria rigorosa”

Calvino con Octavio Paz.
“La questione è se la storia sia una, come affermazione d’una scala di valori universale, svolgimento lineare d’un discorso traducibile in ogni lingua, oppure se i valori veri risiedono in ciò che è particolare di un cultura e un linguaggio, in ciò che è inassimilabile... questo nodo problematico è rappresentato in modo esemplare in Octavio Paz”.