GUIDO GOZZANO, Colloqui con la poesia |
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Eugenio Montale. | “Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa, Vittorio Sereni, Attilio Bertolucci, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini hanno amato Gozzano. Sereni lo sceglie per la sua tesi di laurea, nell’anno accademico 1935-36, parlando della “perplessità” del poeta come di uno “stato di grazia ai confini delsogno”. Attilio Bertolucci, in una lettera a Calcaterra del 7 settembre 1938, parla di Gozzano come di “uno dei pochi autentici poeti, sicuri di restare, di questo principio di secolo”. Eugenio Montale scrive di lui come del “più artista dei poeti del suo tempo (...) pochissimo romantico e pochissimo ‘poeta’”: “Gozzano entrò nel pubblico come poi non avvenne più ad alcun poeta: familiarmente, con le mani in tasca. (...) naturalmente dannunziano, ancor più naturalmente disgustato dal dannunzianesimo, egli fu il primo dei poeti del Novecento che riuscisse (com’era necessario e come probabilmente lo fu anche dopo di lui) ad attraversare d’Annunzio per approdare a un territorio suo”. [Gozzano dopo trent’anni, 1951, in Giorgio Zampa (a cura di) Sulla poesia, Milano, 1976]. Pier Paolo Pasolini paragona la sua parabola a quella di Kafka, affermando che “per tutti e due l’essere è un colloquio con se stessi, in cui dibattere il problema della propria impotenza”. Secondo Pasolini l’opera di Gozzano è “un libro unico” e “si presenta un po’ come una cantica dantesca (...) un purgatorio informale e casuale, col fondo naturalistico della Torino del principio del secolo” (Pier Paolo Pasolini, Guido Gozzano. Poesie, in Descrizioni di descrizioni, Torino 1979). Pier Paolo Pasolini. |