| La seconda edizione “corretta e riveduta”, che il Manzoni prevedeva prossima già nel settembre del ’27 diventò un progetto concreto solo verso la fine del ’39. Dopo le mille copie della stampa Ferrario, egli calcolava che ne fossero uscite, a quell’epoca, un’altra quarantina di edizioni, per circa sessantamila copie, e volendo proteggere la propria opera, non ancora tutelata dalle leggi, si propose di dar fuori un’edizione a dispense arricchita da illustrazioni non facili da contraffare: suo modello le edizioni illustrate francesi del Don Chisciotte, del Gulliver e del Lafontaine. Per le vignette con le quali voleva rendere più vendibile, rispetto alla concorrenza, la sua edizione, il Manzoni pensò dapprima all’Hayez che però dopo alcune prove declinò l’invito; si accordò infine con il piemontese Francesco Gonin, pioniere della litografia in Italia, al quale si aggiunsero, ma solo per pochi disegni, Luigi Bisi, Paolo e Luigi Riccardi, Giuseppe Sogni, Federico Moja e Massimo d’Azeglio. L’intaglio dei legni fu assunto dal milanese Luigi Sacchi che si valse per il grosso impegno dell’opera di alcuni xilografi fatti venire appositamente da Parigi. Il contratto dell’edizione, steso dal Grossi, fu stretto con gli stampatori Guglielmini e Redaelli il 13 giugno 1840; fungeva da consulente tecnico Vincenzo Ferrario, cui il Manzoni era rimasto legatissimo anche dopo che egli aveva cessato la sua attività di editore. Il Manzoni passò in tipografia un esemplare dell’edizione del ’27 (che donò più tardi al figlio Pietro) tutto corretto nei margini tenendo conto delle osservazioni di cui aveva potuto far tesoro fin dal suo viaggio in Toscana e dei consigli dei suoi consulenti fiorentini. Altre correzioni, e numerosissime, avrebbe introdotto sia sulle bozze, sia sui primi fogli a stampa, così da crearsi fogli diversi della stessa tiratura (tutte le dispense che hanno subito questi interventi eccezionali sono state poi riunite dall’autore nei cinque volumi del cosiddetto “tesoro manzoniano”). La prima dispensa uscì nel novembre 1840, l’ultima (la centottantesima) nel novembre del ’42, venendo a formare un volume di 864 pagine. L’edizione fu in diecimila esemplari: tiratura altissima per quell’epoca. Ma la fiducia nelle illustrazioni come ostacolo alla concorrenza doveva rivelarsi eccessiva: già dopo la pubblicazione del manifesto, uno stampatore di Napoli, Gaetano Nobili, annunciava la propria edizione, parallela a quella dell’autore ed egualmente ornata con le vignette originali che nuovi sistemi meccanici rendevano facilmente riproducibili. Altrettanto minacciavano altri editori che, dopo aver sottoscritto un numero di copie rilevante, confermavano ordinazioni molto inferiori. L’impresa del Manzoni che sostenne tutte le spese, doveva perciò risolversi per lui in una grave perdita finanziaria. | | 






 | Prova di stampa di xilografia per l’edizione illustrata dei Promessi Sposi del 1840. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense.

Prova di stampa di xilografia per l’edizione illustrata dei Promessi Sposi del 1840. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense.

Prova di stampa di xilografia per l’edizione illustrata dei Promessi Sposi del 1840. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense.
Prova di stampa di xilografia per l’edizione illustrata dei Promessi Sposi del 1840. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense.

Francesco Gonin, disegni per l’edizione illustrata dei Promessi Sposi del 1840. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense. |