



| | Le edizioni Dopo essersi firmato, nei primi anni del secolo, con vari pseudonimi come Umberto Chopin Poli o Umberto da Montereale, decide per Umberto Saba, come racconta lui stesso: «<<Umberto Saba. Ecco finalmente con questo nome nuovo il mio antico libro di versi!>>» scrive il poeta all’inizio del 1911 ad Amedeo Tedeschi, inviandogli una copia della sua prima opera stampata, Poesie.» (U. Saba, Cronistoria del Canzoniere e del Canzoniere apocrifo, in Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 1988 p.1014). Nel 1912 la Libreria della <<Voce>> pubblica il suo secondo volume di versi, Coi miei occhi, che diventerà in seguito Trieste e una donna. Nel 1920 esce Cose leggere e vaganti. Nel 1921 compare, tirata in 600 esemplari, la prima edizione del Canzoniere - ora nota come Canzoniere 1921 per distinguerla dalle altre successive che presentano numerosissime aggiunte e sottrazioni - con il marchio della Libreria Antica e Moderna. La rivista <<Primo tempo>>, di cui è redattore Giacomo Debenedetti, tra il 1922 e il 1924, pubblica Preludi e canzonette, Autobiografia, I prigioni, che spesso raccoglie in piccole edizioni autonome. Treves pubblica nel 1926 Figure e canti cui verranno aggiunte Fanciulle e Cuor morituro. Nel 1928 pubblica lui stesso il poemetto L’uomo e, con la rivista <<Solaria>>, esce Preludi e fughe. Per tutti gli anni Venti e Trenta si succedono le edizioni di varie raccolte: Tre poesie alla mia balia (poi confluite nel Piccolo Berto che pubblica <<Solaria>> nel 1931), Ammonizioni e altre poesie (edite dalla Libreria antica e moderna), Tre composizioni (edite da Treves nel 1933), Parole (pubblicate da Carabba nel 1934). Nel 1944 compare un’edizione semiclandestina e in pochi esemplari di Ultime cose con la prefazione di Gianfranco Contini. Ma Il Canzoniere è ignorato fino al 1945 quando viene ristampato dall’editore Einaudi in tre grandi volumi. Nel 1946 Saba pubblica una curiosa raccolta di brevissime narrazioni simili ad aforismi intitolata Scorciatoie e raccontini. Nel 1948 Einaudi presenta la seconda edizione del Canzoniere e Mondadori la Storia e cronistoria del Canzoniere. Con Mondadori nel 1951 escono Uccelli, Quasi un racconto e un’edizione di lusso del Canzoniere insieme a un’altra di Garzanti. Nello stesso anno si risolve una vertenza editoriale tra le tre case editrici, Garzanti, Mondadori e Einaudi, con un accordo per cui Mondadori può pubblicare tutte le opere in volumi separati e Einaudi conserva i diritti maggiori sul Canzoniere di cui pubblicherà sei edizioni. Nel 1963 esce una Antologia del Canzoniere curata da Carlo Muscetta dopo una contrastata vicenda epistolare durante la quale Saba aveva manifestato qualche diffidenza nei confronti della linea critica dello studioso. Nel 1975 compare postumo il romanzo Ernesto, scritto dal poeta nel 1953 in una pausa del suo male e rimasto fermo a cinque episodi. Il poeta voleva che Carlo Levi lo bruciasse: «Linuccia, Carlo Levi, Bollea () dicono che è la più bella cosa che io abbia scritto () Carlo Levi diceva che, se lo si potesse pubblicare, sarebbe una rivoluzione nella prosa narrativa» (M. Lavagetto, Per conoscere Saba, Milano, Mondadori 1981). Nel 1981 viene pubblicata dalla Fondazione Mondadori un’edizione critica del Canzoniere 1921, a cura di Giordano Castellani, che ricostruisce la prima versione dell’opera dopo le varianti volute dallo stesso autore. |

Copertina della rivista Primo Tempo

Numero monografico della rivista <<Solaria>> interamente dedicato a Saba | | La critica Il poeta non ebbe una gran fortuna con la critica se si pensa alle riserve di Scipio Slataper, di Riccardo Bacchelli, di Renato Serra, di De Robertis, dello stesso Benedetto Croce, arbitro della letteratura italiana per più di mezzo secolo. Giacomo Debenedetti fu il primo a scrivere di lui su <<Primo Tempo>> nel 1924: «Quel che Giacomino dice delle mie ultime poesie mi sembra ricordi quello che De Sanctis ha scritto sul Leopardi, la prima volta che l’ha conosciuto.» (Saba, La spada d’amore, cit.). Negli anni Venti mostrano di intendere la sua poesia Eugenio Montale e Sergio Solmi, che nel 1928 collaborano, insieme a Debenedetti e a Silvio Benco, a un numero monografico di <<Solaria>> interamente dedicato a lui. Nel 1948, quasi a compensare quello che avverte come un vuoto - lo stesso che sembra segnare il destino di Trieste subito dopo la guerra - decide di farsi critico di se stesso e pubblica, come se fosse la «tesi di laurea» di un certo Giuseppe Carimandrei, Storia e cronistoria del Canzoniere dedicandola a Giacomo Debenedetti. Datano agli anni Cinquanta nuove prospettive critiche. Dopo gli studi fondamentali di Debenedetti e Solmi, le osservazioni di Gianfranco Contini, di Pierpaolo Pasolini, di Mario Lavagetto riconoscono nella poesia di Saba la centralità della psicoanalisi e una singolarità antinovecentesca non allineata sulle esperienze letterarie dominanti. Saba ricevette nel 1929 il premio Bagutta e nel 1946, per l’interessamento di Debenedetti, il premio Viareggio che all’ultimo minuto venne diviso tra poesia e prosa lasciandolo piuttosto deluso. Nel 1951 ebbe il Premio Taormina e il Premio della <<Fondazione Novaro>> dell’Accademia dei Lincei. Nel 1953 gli venne attribuita a Roma la laurea honoris causa. |

Dettagli dell’indice di <<Solaria>> e dell’articolo di Debenedetti con correzioni autografe


Lettera di Montale | | IL CIABATTINO PASSÒ LA GIOVINEZZA. ASSAI DISPERSI LE RICCHEZZE DEL CUORE, E SPOGLIO INVECCHIO. SAPESSI ALMEN SCRIVERE DEI BEI VERSI, UN PO’ TROPPO SONORI, ANCHE UN PO’ VANI, NULLA PIÙ CHE UNA MUSICA ALL’ORECCHIO, COME PIACCIONO I VERSI AGLI ITALIANI. IO SONO. IO SONO APPENA UN CIABATTINO. VECCHIE SUOLA S’AFFANNA A RIFAR NUOVE. UN BIMBO PIANGE, PIGOLA UN PULCINO SOTTO IL DESCO; OGNI TRATTO ALZA LA TESTA, ASPIRA L’ARIA CHE IL BEL VERDE MUOVE ED I COLORI SULLE ANTENNE IN FESTA . LEI, CHE UN DÌ FU L’AMORE, OGGI NON CANTA, NON SORRIDE, NON È LA SUA PAROLA CHE UNA BESTEMMIA, LA FATICA È TANTA E NON BASTA A NUTRIR LA FAMIGLIOLA. La serena disperazione (1913-1915) È TUTTO VERO (a Giacomo Debenedetti) È TUTTO VERO. I CANARINI FANNO - IERI NE DISPERAVO QUASI – IL NIDO. E GIACOMINO MI SCRIVE: <<IL TUO LIBRO È BELLO, È MOLTO BELLO. ACCORDI STATUA ARCOBALENO. È QUESTA TUA STAGIONE TARDA, SENZA RANCORI, CHE MI PIACE>>. È TUTTO VERO. MA È PIÙ VERO ANCORA CHE SONO STANCO A MORIRE; CHE A VIVERE - NON È PER NOI CHE SI DEVE, È PER ALTRI – SOLO DI SOLITUDINE HO BISOGNO. Quasi un racconto (1951) |