I libri in maschera. Luigi Pirandello e le biblioteche - Il via vai dei libri

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I libri in maschera. Luigi Pirandello e le biblioteche

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via vai

Luigi Pirandello, Paesaggi di Anticoli Corrado (1936). Collezione privata

Luigi Pirandello, Paesaggi di Anticoli Corrado (1936). Collezione privata

Fausto Pirandello, Ritratto di Lietta (1931ca., Roma Via Bosio).

Fausto Pirandello, Ritratto di Lietta (1931ca., Roma Via Bosio).

Autoritratto giovanile (Collezione privata).

Autoritratto giovanile (Collezione privata).

 

Pirandello in vacanza con la moglie e i figli (Stefano, Lietta e Fausto) a Soriano al Cimino nel 1908.

Pirandello in vacanza con la moglie e i figli (Stefano, Lietta e Fausto) a Soriano al Cimino nel 1908.

La casa natale di Pirandello, nella Contrada detta Kaos, nei pressi di Agrigento, in una fotografia d’epoca.

La casa natale di Pirandello, nella Contrada detta Kaos, nei pressi di Agrigento, in una fotografia d’epoca.

Pirandello a Villa Borghese nel 1934

Pirandello a Villa Borghese nel 1934

Nella Biblioteca di Pirandello: libri con sovracoperte dipinte a mano.

Nella Biblioteca di Pirandello: libri con sovracoperte dipinte a mano.

Nella Biblioteca di Pirandello: libri con sovracoperte dipinte a mano.

Disegni satirici di Pirandello sulle Elegie di Mario Rapisardi (Collezione Eredi Lietta Pirandello).

Disegni satirici di Pirandello sulle Elegie di Mario Rapisardi (Collezione Eredi Lietta Pirandello).

Disegni satirici di Pirandello sulle Elegie di Mario Rapisardi (Collezione Eredi Lietta Pirandello).

  

Sulle cause della trasferta di Bonn si sa quanto Nardelli, biografo estroso e talora inventivo, ha narrato vivacemente. Onorato Occioni, professore veneziano di latino, cade in errore traducendo Plauto. Pirandello non tace, suscitando le ire del latinista. Quindi per sottrarsi a eventuali ritorsioni migra Oltralpe, dietro consiglio di Monaci.
A Roma lo studente era approdato per tentare la via del teatro, lasciando Palermo, dove Cortesi e Fraccaroli l'avrebbero potuto trattenere se l'obiettivo non fosse stato più un debutto che un corso di studi. E per Pirandello - bisogna convenirne - é un vera disgrazia sbarcare a Roma nel 1887. Nei cieli dell'Urbe brilla l'astro accecante di d'Annunzio.


Beniamino della sorte, é lui a mietere consensi e successi che non lasciano spazio ad altri.
E a d'Annunzio Pirandello si riferisce non appena é giunto a Roma. Confessa di aver bruciato tutte le sue carte e sfoga torvo il fastidio represso:
«Mi dà ai nervi questo presentarmi come poetino da salotto, e voglio che un mio libro e non una persona dica agli altri quello che sono, se pur sono qualche cosa. Sempre, a ogni lode che ricevo d'un imbecille, sia uomo o donna, il mio primo moto istintivo é quello di cacciargli un pugno in bocca, per il gusto bizzarro di farlo récere diversamente. Io non so chi mi abbia accanato dietro fin qui la tisicuzza fama di poeta. E’ una jettatura, per Giove Statore! Che io mi sappia, io non ho cocomeri in corpo, e quindi dolori che piacciono alle donne».


Un’invivibile capitale «bizantina» che ignora le sue aspirazioni, un'Università mediocre («i professori sono d'una ignoranza nauseante»): l'incidente con Occioni é provvidenziale per Pirandello. Roma ha «vinto» anche lui, e non perché a sopraffarlo é la dolce vita fin de siécle, ma perché le oppone una caparbia resistenza.
Cupo e scontroso, poco propenso alla goliardia, Pirandello é un ben ligio studente. Ha da tempo intrapreso - sappiamo - lo studio del tedesco («perché é vergogna massima non conoscerlo») e dell'inglese («continuo con amore lo studio dell'inglese»), frequenta assiduamente le Biblioteche romane e le letture di questi anni già rivelano talune sue tendenze: predilige opere «umoristiche».
Intanto il Don Chisciotte, almeno nella mirabile versione dialettale di Giovanni Meli (Don  Chisiotti e Saciu Panza, poema eroi-comicu, di cui cita le ottave siciliane già nel 1886); le Operette morali di Leopardi, come risulta da un preciso riferimento alle mummie di Federico Ruysch; Gargantua et Pantagruel (acquista tutto Rabelais nel settembre 1887); Svetonio, «non castrato dai retori parrucconi»; Plauto e Terenzio, «per farne un serio confronto con la commedia nostra del Cinquecento», la Mandragola, soprattutto, «decor nostro!»; il teatro di Goldoni, «questo bel mago veneziano»; Aristofane, trasparente già nei suoi Uccelli dall'alto e nel paragone fra se stesso e il Dioniso delle Rane....
Fittissime poi le tracce della continua consuetudine col grande Trecento, modello allora additato a ogni giovane che intendesse misurarsi in rime o prose. La pratica di Dante, della Vita nuova oltre che la Commedia, risulta persino da un giornaletto liceale, mentre Boccaccio sbuca a ogni battuta nel carteggio con gli amici o con i famigliari, specie quando il tono é ironico o quando si tratta del suo penoso insuccesso:
«[...] senza una stretta al cuore potrei tornare a bruciare tutta la carta che ho sporcato, quando anche scarso, direbbe il Boccaccio, più che il fistolo, non mi decidessi per avventura a venderla a un salumaio o a un fruttivendolo».
II debito contratto a Palermo con il libraio Pedone ci informa inoltre su origine e entità della Biblioteca di Pirandello: ammonta a 10 lire al mese nel 1886, già a 15 l'anno successivo, a cui si aggiungono le 50 lire per la Teubneriana, collana di classici immancabile presso uno studioso che si rispetti. E a Roma, dove non potrà fare assegnamento su acquisti rateali, le richieste di denaro, rivolte al padre con diplomazia, si faranno pressanti. Così, al momento di lasciare la Capitale per la Germania i libri sono tanto numerosi che un problema urgente si pone:
«lo non posso assolutamente portarmi tutti i miei libri in Germania, perché la spesa sarebbe enorme e mi converrebbe meglio comprarli un'altra volta. A evitar ciò io porterò i miei libri con me in Sicilia e li lascerò presso di voi riportandomene pochissimi, i soli necessari, in un sacco a mano, in un sacco cioè in cui la dogana non mette mano».


Non appena però giunge a Bonn, dei libri lasciati in patria ha «ardente» bisogno. Grazie al via vai sappiamo quali volumi premessero all'emigrato:
«Se non avete ancora spedito il mio baule, desidero ardentemente, che vi mettiate dentro i seguenti libri:
1° Catulli, Tibulli, Propertíi - Carmina edizione dei Classici latini stampata a Lipsia, editore Teubner - della quale edizione troverete molti libri (copertina gialla) tra quelli che ho lasciato, e anche questo.
2° I fascicoli della storia universale che trattano del «Periodo della Rivoluzione e della Restaurazione 1818-1851» - di Teodoro Flachte - saranno press'a poco una ventina.
3° Le Odi barbare e le Nuove Odi barbare di Giosué Carducci.
4° Commento metrico a XIX odi di Orazio di Ettore Stampini (edizione Loescher - Torino).
Questi libri (ove il baule sia stato spedito) tranne i fascicoli della Storia universale, desidererei che mi fossero spediti per pacco postale. Raccomando a Innocenzo di farmi pervenire anche una copia delle «Terze Odi Barbare» di Giosué Carducci, appena verranno a la luce, che sarà tra breve, se di già non lo sono. Egli potrà rivolgersi al Pedone in Palermo».


A singhiozzo, chiederà ciò di cui non sa privarsi, ed é molto: i Saggi di critica letteraria di Canello (anch'egli allievo di Bonn), La Favola e le Favole di Lessing, per uno studio sul folklore siciliano da allegare alla tesi di laurea.
Oppure si tratta di saggi di storia o dei Nibelunghi, lasciati nella «cassa», custodita da Annetta, e invece indispensabili. Gli devono infatti essere spediti al più presto
«i seguenti libri, che troverete nella mia cassa:

1° Enrico Hallam: l'Europa nel medio-evo;
2° Gervinus: Storia della rivoluzione Greca (non so bene se é di Gervinus, ma ad ogni modo il titolo é giusto - credo che siano due volumi);
3° La Rovina dei Nibelunghi, traduzione di A.Gabrielli».
Anche il Firenzuola, così spesso additato da d'Annunzio quale modello di lingua dovrà varcare le Alpi:
«Prego Annetta d'inviarmi dalla mia cassa di libri le Opere di Agnolo Firenzuola, due volumi», mentre per lo studio su Cecco Angiolieri, a cui si accinge, deve assolutamente recuperare appunti e libri:
1°) Un fascio di carta (doppia, a quadretti) dove son trascritti da me i sonetti di Cecco Angiolieri - secondo il codice Chigiano, sui quali devo fare uno studio insieme ad altri di poeti umoristici del XIII secolo.
2°) Brunetto Latini, di Rodolfo Renier.
3°) D'Ancona, Studi di crit. e di storia letteraria.
4°) G. Trezza, Studi critici».


Allo scadere del soggiorno tedesco, nell'aprile 1891, i libri saranno così numerosi che si propone un vero e proprio trasloco. A quelli che sono emigrati si sommano i nuovi acquisti, sia per la personale «biblioteca fílologica» («attrezzi» dice «del mio mestiere»), sia per alimentare l'artista invero ridimensionato a Bonn, ma non mai messo a tacere. Andrà infatti collocato in Germania l'incontro con Chamisso, Richter o Tieck, quando rinverdiscono anche antiche predilezioni come Heine o Lenau.


Pirandello si é oltremodo dedicato allo studio traendone almeno due importanti risultati: la laurea in glottologia e la definitiva avversione nei confronti della Scuola storica. Già da tempo però lamenta che i suoi studi «non imparano a vivere».


Insieme con lo «spettacolo della vita», Pirandello «fischia»  i suoi studi, il cui vantaggio - si rassegna - é quello di dare pane:
 «Non più versi, non più commedie, non più fantasie - tutta questa é merce che non dà pane... ma tedesco e tedesco e poi tedesco, e glottologia e filologia e lessicografia, e chi non schiatta é bravo!».