UNGARETTI. LA BIBLIOTECA DI UN NOMADE - Ungaretti e l'Egitto

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UNGARETTI. LA BIBLIOTECA DI UN NOMADE

Ungaretti e l'Egitto

Si é parlato del periodo egiziano come "serbatoio" della sua nuova forza poetica. Si pensi che Ungaretti nasce ai margini del deserto. La sua casa (un forno che la madre apre quando resta vedova iniziando un’attività commerciale molto fortunata economicamente) é ai margini del deserto. Ungaretti si abitua all’«ottica del deserto»: quando dirà «miraggio» nei suoi versi, non farà dell’analogia, si riferirà proprio concretamente a quello che il miraggio é, ed a come l’ha visto. II suo orecchio si abitua ai silenzi del deserto, interrotti, specie di notte, da gridi sparsi di animali e da latrati di cani; nel deserto sconfinato e simile al «niente», ogni oggetto particolare che si avvisti, animale, albero, oasi, uomo, si staglia in una luce tutta particolare, che completamente lo isola dal resto. Bisognerà ricordarsi di questo quando si leggono le poesie di Ungaretti, la descrizione del paesaggio per pochi tratti essenziali, la sua concisione, la sua determinazione, specialmente nella prima parte, che sta per scoccare, della sua invenzione poetica. Vive, come ci dice, in una città «friabile»: Alessandria, pur antichissima, sta tra deserto e mare, é battuta dai venti del mare e del deserto, é mangiata dalla salsedine: le sue piccole bianche case, di continuo si disfano e si rifanno. Si ha in questo modo il senso dell’eterno, il senso della morte e - se si vuole - il senso della Resurrezione (che per allora interessava ben poco Ungaretti) - ma non si ha il senso del passaggio della storia, della stratificazione delle epoche storiche. Si passa dall’antica leggenda della grande mitica Alessandria, alla forma azzerata del deserto e della provvisorietà della vita. Ecco, dunque, che ad un’"ottica" speciale, si aggiunge per Ungaretti, in quei ventiquattro anni di vita, un’abitudine del pensiero tutta particolare. Non ha mai visto una montagna. La prima la vedrà a 24-25 anni e sarà in Toscana, accompagnato dall’amico Jahier, l’Abetone. Non ha ancora avuto il senso che, vivendo in un centro di civiltà - come in Italia, in specie, avviene quasi da per tutto - si ha automaticamente davanti agli occhi il segno concreto del passare del tempo, della civiltà storica ed artistica del tempo: a Roma, a Firenze, dovunque, si vedono segni di rovine archeologiche, romane con reperti greci importanti e poi, via via, dopo i secoli bui, in chiese, in mura, in palazzi, i segni, corredati dalla pittura e dalla scultura di quei tempi (sino alla conoscenza della letteratura), del passare dei secoli, ognuno con le sue caratteristiche anche di stile. Anche di tutto questo Ungaretti non ha nella sua giovinezza esperienza. Verrà tutto assieme, più tardi, in Italia, in Francia: ed avrà bisogno di molta applicazione del pensiero, di molta meditazione approfondita. La seconda parte della sua vita, e della sua poesia, infatti, saranno segnate dalla scoperta di Roma e del senso di questa città.

  

L’Africa di Ungaretti vista dai bambini

L’Africa di Ungaretti vista dai bambini

A. Soffici, Colle toscano

A. Soffici, Colle toscano, olio su tela,
cm 70x70