Giuseppe Verdi: un mito italiano - Giuseppina Strepponi: una relazione fuori dagli schemi comuni

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Giuseppe Verdi: un mito italiano

titolo

 

Giuseppina Strepponi, nata a Lodi l’8 Settembre 1815, era figlia di un compositore d’opera. A cinque anni entrò al Conservatorio di Milano, dove studiò canto e a soli vent’anni debuttò a Trieste in “Matilde di Sharban” di Rossini catturando subito l’interesse della critica. Così scriveva “Il Gondoliere” di Venezia l’11 novembre 1835: “Voce limpida, penetrante, delicata, azione convincente e figura aggraziata. Alle numerosi virtù che la Natura le ha donato generosamente, vi è anche quella della scienza del canto nella quale è riuscita in modo eccellente. La stessa, in poco tempo, la farà splendere tra gli astri più luminosi del Teatro Italiano”. La Strepponi entra nella vita di Verdi quando già era una cantante famosa, favorendo presso l’impresario Merelli la rappresentazione al teatro della Scala dell’opera dell’ancora sconosciuto maestro di Busseto, “Oberto conte di San Bonifacio”. Nel 1842 fece la parte di Abigaille nella messa in scena del “Nabucco”. L’unico inconveniente della serata lo causò precisamente l’interpretazione della Strepponi, la cui voce cominciava a declinare, come conseguenza del troppo lavoro che la cantante accettava per mantenere la famiglia, completamente sulle sue spalle, dopo la morte prematura del padre. Un critico del tempo così scriveva: “Per quel che riguarda l’azione e il canto, questa brava artista ha fatto miracoli, però la sua voce necessita riposo, e noi preghiamo che lo faccia, per il suo bene e per il nostro, perché vogliamo avere per molto tempo sulla scena una cantante che sovrabbondiamo di applausi”. La giovane soprano aveva una vita privata particolarmente burrascosa, complicata dall’infelice relazione con Napoleone Moriani e dalle preoccupazioni per i suoi due figli illegittimi, che manteneva da sola. Il continuo deteriorarsi delle corde vocali la obbligò a fermarsi per un periodo, debuttando in scenari meno importanti e periferici, fino a quando fu obbligata a porre fine alla sua carriera nel mese di gennaio del 1846 a Modena con il “Nabucco”. Si trasferì a Parigi e si mise a dare lezioni di canto. Nel 1847 incontrò ancora una volta Verdi, che era lì per rappresentare “I Lombardi”.
 
 

La calligrafia di Giuseppina si riconosce nella partitura della nuova opera, “Gerusalemme”, prova dell’aiuto inestimabile che lei diede in questa occasione. Da questo momento, Giuseppina diventerà la collaboratrice ufficiale ed inseparabile del maestro. Quando Giuseppina Strepponi si trasferì a Busseto a vivere con Verdi si scatenarono le critiche e i pettegolezzi della gente; ma Verdi si preoccupò di chiarire la situazione solamente al suo ex – suocero e benefattore Antonio Barezzi: “Nella mia casa vive una signora libera ed indipendente, amante come me della vita solitaria. Né lei né io dobbiamo dare spiegazioni ad alcuno delle nostre azioni[...]. Io mi assicurerò che a lei, a casa mia, le si debba lo stesso rispetto, o meglio, più rispetto che a me, e a nessuno gli permetto di mancarle per alcun motivo. Perché lei si merita tutto il rispetto per la sua condotta , per il suo spirito e per la considerazione speciale che lei sempre manifesta verso gli altri”. La Strepponi, con la sua grande esperienza di cantante, si trasforma in una collaboratrice valida e fidata, prodiga di consigli e suggerimenti. Giuseppina stessa racconta il suo rapporto, in una lettera che scriverà a Verdi il 3 gennaio 1853: “Anche se tu non hai scritto nulla? Vedi? Non hai il tuo povero “Livello” ( nel dialetto di Lodi: persona fastidiosa), in un angolo della stanza, raccolto sulla poltrona, che ti dice:
-Questo è molto buono, mago; no questo non è buono. Ripeti, questo è originale. Ora senza questo povero Livello, Dio ti castiga e ti obbliga ad aspettare e ti lambicca il cervello, prima che si aprano le porte della tua testa per far sì che escano le tue magnifiche idee musicali.” La relazione tra Verdi e la Strepponi si ufficializza il 29 agosto 1859, quando si sposano nella chiesa di Collognes-sous-Saléve, in Savoia, con il campanaro e il cocchiere come unici testimoni del matrimonio.

Busseto
 
Vista di Busseto
collezione di cartine e disegni
volume 20, numero 49
Parma – Archivio di stato
 
 
 

Studio di Verdi

Studio di Verdi a S. Agata
fotografia
S. Agata - Villa Verdi

Durante i cinquanta anni di convivenza, tra la tenuta di S. Agata e la residenza invernale di Genova nel Palazzo Sauli Pallavicino, l’amore di Giuseppina rimase sempre costante. Tra le varie testimonianze, si può ad esempio menzionare una lettera del 5 dicembre 1860: “Te lo giuro, e a te non ti costerà crederlo, io spesso mi sorprendo del fatto che tu sappia la musica! Anche se quest’arte è divina e anche se il tuo genio sia degno dell’arte che professi, la formula che mi affascina e che adoro in te è il tuo carattere, il tuo onore, la tua indulgenza verso gli errori degli altri, nonostante tu sia molto esigente con te stesso. La tua carità piena di pudore e mistero, la tua orgogliosa indipendenza e la tua semplicità da bambino, qualità di questa tua naturalezza che ha saputo conservare la selvaggia verginità delle idee e dei sentimenti nel mezzo della cloaca umana. Oh mio Verdi, io non sono degna di te! Il tuo amore per me è carità, è un balsamo per il cuore che, a volte, è molto triste, sotto la falsa apparenza dell’allegria. Continua ad amarmi! Amami anche dopo che morirò, cosicché quando mi presenterò davanti la Giustizia Divina sarò ricca del tuo amore e delle tue preghiere, oh mio Redentore!”
L’intelligenza e l’elevata tempra morale di questa donna straordinaria si possono scorgere in un’altra lettera, che rivela quanto Giuseppina conoscesse e analizzasse la natura degli uomini: “La nostra giovinezza è passata, ma noi continuiamo ad essere il mondo e vediamo con enorme compassione tutti i fantocci umani che si eccitano, che corrono, che si arrampicano, si trascinano, si colpiscono, si nascondono e riappaiono. Tutto questo, per cercare di situarsi, mascherati, nel primo gradino, o nei primi gradini della mascherata sociale. In questa convulsione perpetua arrivano alla fine e si sorprendono perché non godono di nulla, perché non hanno nulla di sincero e disinteressato che li consola durante l’ultima ora e aspirano, troppo tardi, alla pace, che mi sembra il primo bene della terra, fino ad ora da loro disprezzata e sostituita dalle chimere della vanità.”

La vita familiare dei coniugi Verdi fu allietata dalla presenza di molti animali, tra cui l’amatissimo cagnolino Spaniel Lulù, la cui morte fece molto soffrire ambedue a tal punto che fecero costruire, a S. Agata, una tomba per l’animale, con il seguente epitaffio: “In ricordo di un vero amico”. La lunga e felice unione degli sposi si concluse il 14 novembre 1897, quando Giuseppina morì a S. Agata, lasciando l’anziano maestro solo con Filomena, una lontana parente, che i Verdi ribattezzarono Maria, adottandola nel 1867, a sette anni, perché crescesse nella loro casa come una figlia.

Giuseppina Strepponi

Giuseppina Strepponi (1877)
fotografia
Sant’Agata – Villa Verdi

Moriani

Napoleone Moriani ( 1806- 1877)
Chiamato il “tenore della morte”
fu essenzialmente interprete di Doninzetti per lui, in una replica di Attila nel teatro della Scala (1846)
Verdi scrisse la nuova Romanza
di Fosseto “Oh dolore! Ed io vivea
Busseto – Casa Barezzi, Amici di Verdi

Villa Verdi

Vista de Villa Verdi en Sant’Agata
pittura di Salvatore D’Avendaño (1870 apross.) olio su tela
Sant’Agata - Villa Verdi

Tomba di lulu

La tomba di Lulù a S. Agata
pittura di Salvatore D’Avendano (1870 circa)
olio su tela
S. Agata – Villa Verdi

Lulu

Lulù
pittura di Filippo Palizzi (1858)
S. Agata – Villa Verdi