[...] Furono proprio gli anni della Storia gli anni della Morante "in pubblico". Fu proprio il grande e inaspettato successo popolare di un romanzo che non era più un gioco e niente aveva né di puerile né di segreto, a punire la generosità e il coraggio di un Autore capace di correre tutti i rischi. Da allora in poi, dopo un successo così contrastato e contestato, la persona e la figura della Morante si vennero fissando in uno stereotipo di sacerdotessa con i suoi fedeli e discepoli, quasi un Tolstoj o un Edipo veggente infagottato in lane e scialli da contadina, carico di sapienza e sensibile a tutte le sofferenze del mondo [...] |

Col presente libro, io, nata in un punto di orrore definitivo (ossia nel nostro Secolo Ventesimo), ho voluto lasciare una testimonianza documentata della mia esperienza diretta, la Seconda Guerra Mondiale, esponendola come un campione estremo e sanguinoso dell'intero corpo storico millenario. Eccovi dunque la Storia, così come è fatta e come noi stessi abbiamo contribuito a farla.
| | Essendo, per mia natura, poeta, io non ho potuto fare altro, anche qui, che un'opera di poesia. E in proposito l'esperienza m'insegna che purtroppo anche la poesia può, a molti, servire da alibi. Come se la poesia dovesse accontentarsi della propria "bellezza", fosse solo un arabesco elegante tracciato su una carta. Allora io devo avvertire che questo libro, prima ancora che un'opera di poesia, vuol essere un atto di accusa, e una preghiera.
(dalla nota introduttiva all'edizione americana della Storia per i membri della First Ed. Society, Pennsylvania 1977)

"Elsa Morante rivela in questo suo Guerra e pace [...] una sua straordinaria capacità di immedesimare le varie vicende le une nelle altre, in un continuum narrativo intensissimo, che vorrei identificare in una appassionata e a volte ansiosa partecipazione alla vita dei suoi personaggi, ed anche in un suo rifiuto di guardarli con la lente dell'illusione, o di filtrarli attraverso una pietas consolatrice, se pure laica." (Ferdinando Virdia, Gioia di vivere destino di morte, «La fiera letteraria», a.50, n.28 (14 luglio 1974), p.20)

"[...] Ripresa della grande tradizione romanzesca e addirittura (sia pure sul piano di una grande nobiltà artistica) di certi canoni del romanzo popolare [...] realizzata in chiave moderna, tenendo conto degli acquisti del romanzo introspettivo, del romanzo di crisi, del non-racconto affermatisi nel Novecento". (Carlo Salinari, Il barolo e la coca-cola, «La fiera letteraria», a.50, n.40, (6 ottobre 1974), p.12)

"Non so se alla Morante dia fastidio sentir dire che il suo è un romanzo "pascoliano". Io comunque lo dico a titolo di grande lode. [...] Dopo Pascoli la nostra letteratura è stata educata a diffidare della verità e della bontà dei sentimenti: ma ecco la Morante che, sullo scandalo della storia, ci insegna a riconoscere, quasi relitti galleggianti, quei sentimenti". (Luigi Baldacci, Il romanzo pascoliniano di una nuova Elsa Morante, «Epoca», a.25, n.1241 (20 luglio 1974), p.77) |