
| LA STORIA Nate dal sogno di grandi umanisti, quali il Petrarca e il Bembo, o realizzate grazie alla passione per i libri di nobili famiglie e famosi mecenati, come Cosimo de' Medici, le biblioteche rinascimentali si caratterizzano per l'assoluto valore del loro patrimonio manoscritto e librario. Sorte tra la fine del Trecento e la metà del Quattrocento, tali biblioteche custodiscono, ancor oggi, rari e preziosi manoscritti di classici greci e latini, frutto di quell'amore per gli studi "humanitatis" che nell'Umanesimo e nel Rinascimento mirava a valorizzare l'uomo, la sua storia , le sue attività. La civiltà classica forniva un modello esemplare per la nuova visione della vita. Durante il Rinascimento, città come Venezia, Firenze e Ferrara erano centri culturali vivacissimi: la presenza di grandi letterati dava lustro alle Corti ed artisti come Michelangelo, Piero della Francesca, Mantegna, e, più tardi, Veronese e Tintoretto contribuirono alla realizzazione e alla decorazione degli edifici sedi di biblioteche.
I LUOGHI 
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, il salone michelangiolesco. A Cosimo de' Medici detto il Vecchio (1389-1464) si deve la nascita della biblioteca Medicea Laurenziana, la cui splendida sala michelangiolesca è ancor oggi intatta con i plutei (gli scranni per la lettura) e i codici incatenati, per evitare le sottrazioni. Appassionato di libri, che non abbandonava neanche durante i suoi viaggi d'affari, Cosimo collezionava manoscritti di autori classici greci e latini. Il suo più famoso nipote, Lorenzo il Magnifico, porterà al massimo grado di importanza l'opera di raccolta e conservazione della biblioteca di famiglia. Per i Medici ogni mezzo era lecito per arricchire le raccolte librarie: anche condonare un ingente debito che l'erudito Niccolò Niccoli aveva accumulato, in cambio del lascito di settecento preziosi codici. La biblioteca Medicea seguì le alterne vicende del casato fiorentino : nel 1495, esiliati e perseguitati i Medici dai seguaci di Savonarola, venne venduta ai frati del Convento di San Marco. Ristabilita trionfalmente la Signoria a Firenze, il cardinale Giovanni de Medici, futuro papa Leone X, riscattò la raccolta e trasportò i volumi a Roma. Fu poi per volontà di un altro papa Medici, Clemente VII, che i libri tornarono a Firenze, dove Michelangelo ebbe, nel 1522, l'incarico di progettare una nuova sede che li accogliesse. Nel 1571 la biblioteca, che disponeva di oltre tremila manoscritti, venne aperta al pubblico. Nel fondo manoscritti la biblioteca custodisce l'antico codice del Virgilio Laurenziano, databile intorno al 494 d.C. e la Bibbia Amiatina (VII-VIII secolo), con rari esempi di miniature italo-sassoni. 
Modena, Biblioteca Estense La Biblioteca Estense, giunta quasi intatta fino ai nostri giorni, si costituì originariamente presso la Corte di Ferrara, una delle più potenti del periodo rinascimentale. Riservata alla ristretta cerchia di letterati e umanisti che dedicavano le proprie opere ai membri della casa d'Este, nel 1467 già possedeva oltre 450 codici. La famiglia d'Este corredò la biblioteca di manoscritti latini e greci, autentici capolavori dell'arte della miniatura, in parte eseguiti a Ferrara, in parte acquistati o commissionati: tra di essi, la famosa Bibbia, eseguita per Borso d'Este, detta Breviario d'Ercole, uno dei libri più splendidi del Rinascimento. Nella seconda metà del Cinquecento la biblioteca fu arricchita ad opera del duca Alfonso II che, grande estimatore della musica, volle istituire la raccolta musicale estense, ancora oggi una delle più cospicue d'Italia. Nel corso degli anni, la Biblioteca segue le vicende politiche della famiglia Estense e si trasferisce, dalla seconda metà del Seicento, a Modena, nel Palazzo Ducale, dove ha tuttora sede. Tra i suoi bibliotecari annovera personalità come Ludovico Antonio Muratori, autore dei Rerum italicarum scriptores, che la dirige per oltre cinquant'anni dal 1700. Attualmente la Biblioteca possiede, oltre ad un ricco fondo di manoscritti, quasi duemila incunaboli, tra i quali un esemplare della Bibbia di Magonza, stampata da Gutenberg nel 1462, e più di 18.000 volumi editi nel '500 nonché un ricco fondo di stampe e carte geografiche tra cui la celeberrima Carta del Cantino, con la prima rappresentazione del Nuovo Continente dopo la scoperta di Colombo. 
Venezia, Biblioteca Marciana Dopo la caduta di Costantinopoli, il cardinale greco Bessarione, Vescovo di Nicea, una delle personalità più importanti del XV sec., volle scegliere una città che fosse l'estremo baluardo della Cristianità e farne la custode delle opere più importanti della grecità classica. La scelta cadde sulla Repubblica di Venezia alla quale il cardinale donò, nel maggio 1468, oltre mille codici contenenti le più significative testimonianze scritte della civiltà ellenica (due codici dell'Iliade, l'Anthologia Planudea, con la gran parte dell'epigrammistica greca, opere manoscritte di Esiodo, Eschilo, Aristofane, scritti di Aristotele ed Euclide). Pietro Bembo, bibliotecario nei primi anni del Cinquecento, affidò a Jacopo Sansovino l'incarico di costruire in piazza San Marco una sede idonea. Vi collaborarono, tra gli altri, artisti quali Tintoretto e Veronese, i cui dipinti si possono ammirare ancora nella sala della Libreria. Nella Biblioteca Marciana sono custoditi tesori unici come il Breviario del card. Grimani, l'autografo dell'Istoria del Concilio tridentino di Paolo Sarpi, l'Istoria veneziana del Bembo , il manoscritto contenente il testamento di Marco Polo e la preziosa edizione dell'Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna del 1499, ad oggi una dei più importanti esemplari della storia della stampa. E' interessante evidenziare che la Marciana è stato il primo esempio, in Italia, di biblioteca che usufruiva del cosiddetto "diritto di stampa": dal 1603, infatti una legge del Senato veneto stabiliva l'obbligo per gli stampatori di depositare un esemplare rilegato di ogni libro uscito dai loro torchi.
I TESORI 
Manoscritto Amiatino I della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze: la Bibbia Amiatina. La Bibbia Amiatina è il risultato di una complessa operazione editoriale svoltasi nell'ambito dei monasteri gemelli di Wearmouth-Jarrow in Northumbria dove, per volere dell'abate di Jarrow Ceolfrith, vennero confezionate tre Bibbie, tra cui l'Amiatina, tutte in un solo volume e modellate su un codice antico acquistato quasi certamente a Roma intorno al 679-680. Dei tre manoscritti questo esemplare è l'unico sopravvissuto integro. Il codice, destinato da Ceolfrith a papa Gregorio II (715-731), giunse in Italia, e probabilmente a Roma, nella prima metà del sec. VIII e rimase nella Città Eterna per almeno un secolo, fino a quando trovò stabile dimora presso l'abbazia longobarda di S. Salvatore al Monte Amiata. 
Manoscritto Lat. 422-423 = MS.V.G.12 della Biblioteca Estense di Modena: Bibbia (Bibbia di Borso d'Este). Questa Bibbia, che rappresenta la più matura espressione del Rinascimento ferrarese, venne eseguita alla metà del secolo XV su commissione del duca Borso, per dotare la libreria ducale di un codice destinato a distinguersi per la ricchezza e preziosità delle miniature. Fu realizzata tra il 1455 e il 1461, pochi anni dopo la composizione della prima opera a stampa, la Bibbia di Gutenberg. 
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana Dante Alighieri. La Divina Commedia. XIV secolo |