Carducci e i miti della bellezza - Luoghi e paesaggi carducciani

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Carducci e i miti della bellezza

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Habitué del tratto ferroviario Bologna-Firenze, solo dopo il 1876, Carducci entra in contatto con nuovi milieu del regno unitario. L’attività ispettiva nelle scuole secondarie classiche insieme agli impegni dello studioso e dell’uomo pubblico che viene via via rafforzando il proprio prestigio a livello nazionale, lo conducono un po’ dappertutto: nelle Marche, in Umbria, in terra lombarda, nel Veneto; dal Piemonte, dalla capitale fino a Napoli. La conoscenza dei luoghi più svariati del «Bel paese» è occasione per accertare come «la gloria antica» parli da ogni strada, da ogni monumento, da ogni sasso della terra italiana, aveva declamato il giovane oratore nel discorso sull’Italia (1852), «sentimento primo dell’anima» al quale Carducci, sia in verso sia in prosa, rimarrà fedele lungo l’arco della sua intera attività. La bellezza di un paesaggio risiede dunque, oltre i tratti fisici e naturalistici che lo distinguono, in ciò che si è storicamente sedimentato dietro di esso, nell’insieme dei miti e delle tradizioni che costituiscono il suo patrimonio culturale: è l’Umbria preromana di Alle fonti del Clitumno; è il Cadore di Tiziano, ma anche di Pier Fortunato Calvi (1817-1855), l’eroe del ’48; è la colta Romagna dell’antica chiesa di Polenta dove, vuole la leggenda, abbiano sostato Francesca da Rimini e Dante esule a Ravenna. Tre habitat cari allo scrittore, come la Valle d’Aosta, la cui «grande e benefica natura» è tanto affascinante quanto la storia dei suoi ambienti medievali.
Eppure il poeta non manca di abbandonarsi talvolta alle impressioni suscitate dal paesaggio, senza ricercarne memorie e cronache. Così se il sonetto Santo Abbondio rievoca il legame affettuoso con Madesimo, luogo prediletto di vacanza, i celebri versi di Davanti San Guido sono legati al paesaggio maremmano ‘vissuto’ nell’infanzia e ‘rivissuto’, colmo di ricordi e di esperienze, nella maturità.

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La casa natale di Giosue Carducci a Valdicastello, [1887-1890?]
L. Mutti, fotografia albumina. «Nel breve tempo in cui mio padre fu medico-chirurgo di una società francese che aveva preso sopra di sé i lavori delle miniere di piombo argentifero in Valdicastello di Versilia, io nacqui in questo borghetto poco lontano da Pietrasanta addì 27 di Luglio 1835 (l’anno che il colera invase l’Italia), giorno di martedì, alle ore 11 della sera; primo figlio del dott. Michele Carducci pietrasantino e della Ildegonda Celli cittadina fiorentina» (Ricordi di Versilia).

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Bolgheri e i cipressi di S. Guido
Cartolina illustrata. Carducci visse nella Maremma pisana dal 1838 al 1849. «Ma le mie ricordanze, tristi e pur care, ma tutto il mio ideale di fanciullo, ma tutto il mio amore è per la maremma» (Carducci ad Angelo De Gubernatis, 14 gennaio 1877).

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Alle fonti del Clitumno
Da una serie di cartoline illustrate che ricompone il testo dell’omonima ode composta fra il 2 luglio e il 21 ottobre 1876 (edita nella princeps delle Barbare) dopo la visita alle «Vene del conte Campello», come allora si chiamavano queste fonti, nella «bellissima Umbria».

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Il Piccolo San Bernardo, 26 luglio 1889
Fotografia del conte Ferdinando Reviglio della Veneria a ricordo di una «bellissima gita» insieme a Carducci  all’Ospizio del Piccolo San Bernardo. Assaporato il paesaggio e la storia della terra valdostana attraverso vademecum
e guide, e, specie, dopo la lettura dei Castelli valdostani e canevesani di Giuseppe Giacosa, Carducci fu a Courmayeur per la prima volta nel luglio-agosto 1887, ritornandovi nelle estati del 1889, 1890, 1895 e del 1898.

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Pieve di Cadore: Piazza Tiziano [dopo il 1875]
Fotografia albumina. Preso alloggio, il 31 luglio 1892, all’Albergo Progresso, nella piazza, lo scrittore poteva contemplare la statua di Tiziano e il monumento che ricordava l’impresa eroica di Pietro Fortunato Calvi, «divino giovane» evocato nell’ode Cadore (Rime e ritmi, Bologna, Zanichelli 1899). «Io son qui dal 31 luglio e mi andrò fino a settembre aggirando per questa regione, che è veramente bellissima e piena di ricordi e di gente onesta e valorosa» (all’amico Giuseppe Chiarini, 12 agosto).


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Carducci a Calalzo di Cadore con amici nel 1892
Fotografia albumina, G. Riva, Calalzo. In piedi, a destra, il dantista Michele Barbi (1867-1941); a sinistra Giacomo De Carlo di Calalzo con il giovane nipote; seduto, a destra del poeta, il filologo triestino Salomone Morpurgo (1860-1942); seduto a sinistra il fratello di questi, Alessandro, anch’egli letterato ed irredentista al pari di Albino Zenatti (1859-1915) in basso sempre a sinistra di Carducci.

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La cascata del Madesimo in Valle Spluga
V. Besso, fotografia albumina. Carducci trascorse le sue estati a Madesimo nella vallata solcata dal fiume Madesimo, vicino al confine con la Svizzera, lungo un arco di quindici anni (1888-1905), nei mesi di luglio e agosto, se si escludono i periodi in cui villeggiò fra Courmayeur e Gressoney, e in Cadore. La stazione climatica famosa per le cure idroterapiche, suggeritagli da Augusto Murri, dopo il piccolo ictus del 1885, divenne ben presto luogo dell’anima.

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G. Carducci, Sant’Abbondio
Redazione autografa dell’idillio alpino iniziato a Madesimo il 31 agosto 1898, festa del patrono del paese. Farà parte dell’ultima silloge di versi, Rime e ritmi.

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Carducci a Polenta di Bertinoro il 26 ottobre 1898
La foto scattata dal cesenate Augusto Casalboni coglie lo scrittore sul vicino colle di Conzano nell’atto della posa di un nuovo cipresso nel luogo stesso, dove quello ‘detto di Francesca’, l’«arduo cipresso» cantato nell’ode La chiesa di Polenta (Rime e ritmi), era stato atterrato da un fulmine. Carducci prese a cuore i restauri dell’antica chiesetta (sec. VIII) caldeggiandoli vigorosamente presso il Ministero dei Culti e quello della Pubblica Istruzione da cui furono sostenuti fra il 1897 e il 1898.


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