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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > La sfera razionale > Libertà

Libertà

fotografia E’ un concetto centrale nell’universo ariostesco sia se pensiamo alla libertà che domina la struttura narrativa del Furioso, organizzato per filoni sospesi e poi ripresi, con personaggi liberi e mobili, perennemente in fuga, che seguono un movimento centripeto nel corso del romanzo, sia se riflettiamo sul concetto di libertà autobiografica e personale, così come ci appare dalle prime tre Satire. Per quanto concerne la libertà narrativa dell’Ariosto essa risiede in una serie di infrazioni rispetto al codice del romanzo cavalleresco del Boiardo. Come ad esempio l’adozione della tecnica dell’entrelacement o la singolare presenza, nell’esordio e nei congedi dei canti, di auditori che Ariosto non aveva menzionato ad inizio opera, nel momento del patto col lettore, quando viene prospettata la fictio narrativa. Segno di libertà narrativa è poi la varietas dei contenuti e l’approccio con cui il Furioso riattiva la trama interrotta del romanzo boiardesco. Il primo canto del romanzo di Ariosto, rispetto alla conclusione dell’Innamorato, appare segnato da una totale libertà di reinvenzione della favola, con un continuo gioco allusivo fatto di coincidenze, deviazioni, filiazioni impreviste rispetto al palinsesto del Boiardo. Per quanto concerne la libertà personale, prospettata nelle prime satire, essa si configura da parte dell’Ariosto come un appello alla propria sopravvivenza individuale e come gesto di salvaguardia personale, da parte di un letterato cortigiano piegato ad ogni sorta di mansione e di richiesta. E’ il concetto del primum vivere (‘Prima la vita, a cui poche o nessuna / cosa ho da preferir, che far più breve / non voglio che ‘l ciel o la Fortuna’ (Satire I, 25-27), difeso dal poeta quando spiega le ragioni che lo hanno spinto a non seguire il cardinale Ippolito in Ungheria nel 1517. La rivendicazione della propria ‘libertà’ individuale è legata all’esercizio della poesia, da salvaguardare rispetto all’adesione totale al modello della vita cortigiana. Anche la decisione di non seguire la carriera ecclesiastica, di cui Ariosto parla nella Satira II, avviene in nome della libertà, con il rifiuto di quella ‘Roma fumosa’ dove ‘il signore è più servo che ‘l ragazzo’ (II, 164-165).

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