I Bolognesi
Durante il soggiorno a Bologna del settembre 1825-novembre 1826 Leopardi rinsaldò o stabilì importanti amicizie. Rinsaldò ad esempio l’amicizia con Pietro Brighenti (1775-1846), impresario, editore, e segretamente confidente della polizia austriaca. Leopardi vi era entrato in contatto tramite Giordani: nel 1819 gli spedì le Canzoni “rifiutate” (che non uscirono per volontà di Monaldo), e nel 1824 pubblicò per suo tramite le Canzoni; a Bologna Leopardi conobbe anche le figlie Anna e Marianna (che sarebbe divenuta un’importante cantante lirica), le quali avrebbero poi avuto un lungo carteggio con Paolina.
Fra le nuove amicizie, importante fu quella con Carlo Pepoli (1796-1881), letterato e patriota (esiliato dopo i moti del 1831, tornò stabilmente in Italia solo nel 1859, e dal 1862 fu senatore). Vicepresidente dell’Accademia dei Felsinei, il 28 marzo 1826 vi invitò Leopardi, il quale recitò l’Epistola al conte Carlo Pepoli: Pepoli “ricambiò” nel 1828 pubblicando L’eremo. Epistola in versi al conte Giacomo Leopardi.
Una frequentazione assidua e affettuosa, propiziata da Giordani, Leopardi ebbe con la famiglia Tommasini: il medico Giacomo, sua moglie Antonietta, letterata, e la loro figlia Adelaide, sposata Maestri.
Significativa fu infine la relazione con la contessa Teresa Carniani Malvezzi (1785-1859), letterata e traduttrice. Leopardi, purtroppo non ricambiato, se ne innamorò:
Sono entrato con una donna ... di qui, in una relazione, che forma ora una gran parte della mia vita. Non è giovane, ma è di una grazia e di uno spirito che ... supplisce alla gioventù, e crea un’illusione meravigliosa. Nei primi giorni che la conobbi, vissi in una specie di delirio e di febbre. (A Carlo, 30 maggio 1826).
Quando poi lei, per salvare le convenienze, volle che la loro frequentazione si diradasse, Leopardi, deluso e addolorato, reagì poco elegantemente (“Come mai ti può capire in mente che io continui d’andare da quella puttana della Malvezzi?”; ad Antonio Papadopoli, 21 maggio 1827).

