titolo Ludovico Ariosto

Pazzia

E’ il tema peculiare del Furioso, presente nella cultura europea di primo Cinquecento, come testimonia il celebre Moriae encomium di Erasmo da Rotterdam, e culminante nel Don Quijote de la Mancha di Cervantes. In Ariosto la follia del cavaliere ‘saggio’ per eccellenza, Orlando, è il dato caratterizzante del romanzo: il poeta riprende l’idea del Boiardo, relativa all’innamoramento del paladino, dilatandola e portandola alle estreme conseguenze. Il tema della ‘pazzia’ viene annunciato nella seconda stanza del primo canto del Furioso: ‘Dirò d’Orlando in un medesmo tratto / cosa non detta in prosa mai né in rima: / che per amor venne in furore e matto, / d’uom che sì saggio era stimato prima’. La ‘pazzia’ è strettamente connessa all’amore ed appare come un segno dello ‘scarto’ rispetto alla ‘norma’, come simbolo di ambiguità strutturale e di equivoco, di rischio e di minaccia incombente. La zona del Furioso in cui si manifesta la follia di Orlando è quella relativa ai canti XXIII-XXIV. Orlando impazzisce nel momento in cui legge i messaggi di reciprocità d’amore scambiati tra Angelica e Medoro, incisi sulla corteccia degli alberi. In preda al dolore per questa amara scoperta, il paladino erra disperato, seguendo un movimento oscillatorio (‘Di qua, di là, di su, di giù discorre, XXIV, 14,1). Ariosto si identifica con Orlando e, come il suo personaggio, avverte di muoversi senza più una rotta precisa. Il poeta entra ed esce da un sentiero, abbandona e riprende un argomento, fa della digressione narrativa una dimensione di fuga dalla realtà, quindi di ‘pazzia’. La ‘pazzia’ di cui ci parla Ariosto va letta in realtà in chiave metaforica come l’altra faccia di una follia collettiva fondata sulla negazione della verità, sulla finzione e sulla convinzione di possedere verità e certezze. Nel Furioso il senno perso da Orlando viene poi recuperato nel canto XXXIV da Astolfo che, salendo sulla luna in groppa all’Ippogrifo, lo recupera nel vallone delle cose perdute dagli uomini. Il recupero del senno e la remissione della pazzia inseriscono l’esperienza della follia ariostesca in un ambito meno scardinante di quanto avverrà in seguito, in età tridentina, ad esempio con la ‘pazzia’ vera di Torquato Tasso.


fotografia

Cesare Ripa, Iconologia del Cavaliere Cesare Ripa Perugino Notabilmente accresciuta d’immagini, di annotazoni e di fatti dall’Abate Cesare Orlandi, vol. IV, Perugia, Stamperia di Piergiorgio Costantini, 1764-1767, p. 347.

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