titolo Ludovico Ariosto

Il culto di Dante

Certaldo è porto sicuro per Boccaccio nel 1361, quando, in seguito al fallimento di una congiura politica ordita da alcuni amici, viene sollevato per diversi anni dagli incarichi ufficiali. E la quiete della Val d’Elsa è eletta a fissa dimora dopo il viaggio napoletano del 1370. A Certaldo, negli ultimi mesi della sua vita, si prepara accuratamente glossando la Commedia di Dante per la lettura pubblica nella chiesa di Santo Stefano a Badia, incarico assunto su petizione del Comune di Firenze. Le Esposizioni si interrompono al XVII canto dell’Inferno per la morte di Boccaccio, sopraggiunta il 21 dicembre del 1375. Sono l’ultimo tributo al culto di Dante, concepito sul finire dell’esistenza da un autore ormai stanco e malato.

Celebrato con toni favolistici nella narrazione biografica del Trattatello, dove la penna oscilla tra la preoccupazione documentaria e l’inclinazione apologetica, Dante è oggetto di impegno costante per Boccaccio copista. I codici Vaticani Chigiani LV 176 e LVI 213, la cui originaria unità è stata dimostrata da De Robertis[1], trasmettono una singolare miscellanea autografa che raccoglie Vita Nova, 15 canzoni dantesche, Commedia, Canzoniere (forma Chigi), Donna me prega con il commento di Dino del Garbo, il Trattatello e il carme Ytalie iam certus honos, tradendo, nell’assortimento delle opere, l’intento di promuovere le lettere toscane. Una analoga volontà di divulgazione e affermazione, circoscritta al verbo dantesco, si può riscontrare nell’attività editoriale svolta da Boccaccio in qualità di copista della Commedia. Le tre copie autografe del poema, Toledano 104.6, Riccardiano 1035 e il già ricordato Chigiano L VI 213, attestano un atteggiamento interventista nei confronti del testo, connesso a una prassi contaminatoria. Se il “Dante” di Boccaccio ha incontrato il plauso dei lettori, arrivando a costituire una fortunata “vulgata” della Commedia, dal punto di vista filologico il ricorso a testimoni precedenti a quelli boccacciani è risultato per gli editori l’unica soluzione possibile alla ricostruzione del testo dantesco[2].


[1] D. De Robertis, Il “Dante e Petrarcadi Giovanni Boccaccio, in Il Codice Chigiano L.V.176 autografo di Giovanni Boccaccio, Roma 1974, pp. 7-72.

[2]Dante Alighieri, La Divina Commedia, testo critico stabilito da G. Petrocchi, Torino 1975.


La fede battesimale dell’Ariosto, da M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto ricostruita su nuovi documenti, vol. I, Genève, L. Olschki, 1930-1931, p. 39

Dante Alighieri. Ritratto di Gustave Doré.

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