Il “perpetuo sopraggiungere della riflessione tecnica accanto alla poesia”[1] investe l’intera parabola intellettuale di Dante ed è all’origine della sistematica indagine sulla lingua svolta nel De vulgari eloquentia, ma in parte anche nel contemporaneo Convivio e che sarà ripresa, non senza ulteriori sviluppi, in molti luoghi della Commedia. Le posizioni dantesche nell’ambito della filosofia del linguaggio si allineano sostanzialmente a quelle, analoghe, dei suoi contemporanei, benché ed è la cifra originale applicate ad un oggetto assolutamente inconsueto quale il mutabile volgare, privo di quella stabilità di cui sembrava godere il latino letterario. L’osservazione (anticipata in Conv. I 5 8), infatti, sulle varietà diatopiche (nello spazio) e soprattutto diacroniche (nel tempo) del volgare, linguaggio naturale che si apprende spontaneamente e perciò contrapposto alla stabilità e incorruttibilità del latino, costituirà lo sfondo concettuale entro cui si muove il De vulgari. Qui infatti, soprattutto nei primi capitoli del libro I, dopo aver riconosciuto che il linguaggio è una facoltà esclusiva dell’uomo, che si serve di signa linguistici insieme sensibili e razionali, è affrontato il problema dell’origine e della storia del linguaggio: la lingua parlata da Adamo coincide con l’ebraico, unico idioma perfetto e inalterato, sopravvissuto alla confusione babelica. Su quest’ultimo aspetto però si registra nella Commedia una sintomatica evoluzione. In Par., XXVI, nel colloquio con Adamo, Dante riconoscerà come mutevole e caduca anche la lingua adamitica, estintasi prima della confusione babelica e di cui l’ebraico è un semplice sviluppo successivo. In tal modo la variabilità delle lingue naturali non si configurava più solo come esito di un castigo divino, ma come carattere costitutivo di ogni lingua in quanto tale. E questo estremo approdo della riflessione dantesca sul volgare appare anche funzionale ad “autogiusticare il paradosso del poema sacro scritto in una lingua peritura”[2].
[1] G. Contini, Introduzione alle Rime di Dante, in Id., Un’idea di Dante. Saggi danteschi, Torino, Einaudi, 1976, p. 4.
[2] G. Contini, Dante come personaggio-poeta della Commedia, in Id., Un’idea di Dante, cit., p. 42.