titolo Ludovico Ariosto

Dante

Le tre diverse edizioni della Commedia che figurano tra i postillati tassiani, il numero altissimo di citazioni, non solo nei testi poetici ma anche nei dialoghi e nei discorsi sull’epica, chiariscono come la conoscenza della poesia dantesca da parte del Tasso fu profonda, oggetto di uno studio accurato condotto già negli anni della giovinezza. Allo stesso tempo fu una conoscenza diffusa sull’intero spettro delle opere di Dante, perché accanto alla Commedia, letta con il supporto dei commenti cinquecenteschi, Tasso conobbe le rime dantesche pubblicate nella Giuntina di rime antiche; approfondì le posizioni di metrica e stile espresse nel De vulgari eloquentia (ne avrebbe discusso con competenza e mostrando una reverente distanza nel dialogo sulla poesia toscana del 1585); citò più volte pagine del Convivio e arrivò a chiedere l’autorizzazione per una lettura della Monarchia, testo all’Indice da oltre due secoli. Il riconoscimento di una posizione fondativa nella nostra storia letteraria non impedì che il Tasso palesasse dubbi riguardo alla funzionalità del Dante poeta quale modello di stile: è esemplare l’accusa rivolta a zone della lirica dantesca, come alle rime di Cavalcanti, di una eccessiva oscurità di dettato, conseguenza dell’innesto di dottrina filosofica entro il corpo della poesia; ancora l’accusa di uno scarso rispetto del decorum, soprattutto nei passaggi più “comici” della cantica infernale. Nella parabola letteraria tassiana, tra lirica ed epica, risultava più immediatamente fruibile il precedente petrarchesco.


La fede battesimale dell’Ariosto, da M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto ricostruita su nuovi documenti, vol. I, Genève, L. Olschki, 1930-1931, p. 39

Luca Signorelli, Ritratto di Dante Alighieri

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