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I postillati
Immerso nei libri sin dalla giovinezza, letti, mandati a mente e accostati nelle sue pagine, il Tasso non riuscì ad assemblare negli anni una sua biblioteca: gli spostamenti nervosi e ripetuti, prima e dopo la reclusione a Sant’Anna, causarono una dispersione dei volumi tassiani, mano a mano lasciati in custodia ad amici, poi reclamati, infine solo in parte recuperati. L’insieme si ricostruisce almeno parzialmente raccogliendo le citazioni dirette, le richieste e i prestiti attestati nell’epistolario (si legga G. Baldassarri, La prosa del Tasso e l’universo del sapere, in Torquato Tasso e la cultura estense, a cura di G. Venturi, 3 voll., Firenze, Olschki, 1999, vol. II, 361-409). Molto più ristretto il patrimonio dei volumi concretamente giunti fino a noi, tutti largamente annotati dal Tasso: si tratta di testimonianze preziose di una cultura ostinatamente accumulata negli anni, più ancora di un metodo di lettura che è strettamente utile per interpretare le stesse pagine tassiane, spesso, soprattutto nei Dialoghi, germinate in modo diretto da postille a margine dei propri libri. Il nucleo più consistente dei volumi tassiani si trova ora nel fondo Barberini della Biblioteca Apostolica Vaticana (si veda A. M. Carini, I postillati barberiniani del Tasso, in «Studi tassiani», XII, 98-110), ma altri postillati sono sparsi nelle maggiori biblioteche italiane ed europee. Se ancora mancano pezzi fondamentali della cultura tassiana come la Bibbia o il Virgilio del Tasso, l’insieme oggi noto rappresenta una delle testimonianze più ampie e importanti entro la nostra tradizione letteraria dello scrittoio di un autore, pari al grande precedente del Petrarca.
 
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