La Congregazione dell’Indice nacque nel 1571 su iniziativa di Paolo V, dentro la dura azione di controllo e repressione che il suo papato andava promuovendo. L’obiettivo era duplice: controllare i libri già stampati, identificando come da proibire le opere, anche antiche, che risultassero contrarie per eterodossia e per oscenità alla fede cattolica (esemplare il caso del Decameron, sottoposto ad una energica correzione negli anni ’70, di cui uno dei protagonisti fu il Salviati); nello stesso tempo, occorreva sottoporre a censura preventiva tutti i nuovi testi, consentendo la pubblicazione solo di quelli formalmente approvati dalla Congregazione nelle sue varie sedi locali, e costituendo così un filtro a maglie strette su quanto poteva transitare a stampa ed essere letto. Già nel 1559 era stato compilato e pubblicato un Indice dei libri proibiti, voluto da Paolo IV Carafa, indice la cui eccessiva durezza era stata attenuata nel 1564, con la pubblicazione del cosiddetto Indice tridentino. Dopo la nascita della Congregazione furono pubblicati nuovi Indici nel 1590, nel 1593 e nel 1596 (quest’ultimo detto Indice clementino, da Clemente VIII), e sebbene studi recenti abbiano messo in luce difficoltà e imprecisioni nel funzionamento della Congregazione, resta che il condizionamento, soprattutto a partire dagli anni ’70, fu vivissimo: esemplari le richieste di permessi di lettura che bisognava formulare ufficialmente, e che anche il Tasso espresse nelle sue lettere, per leggere testi che erano in linea generale proibiti, come anche il silenzio che cadde su autori quali Aretino o Machiavelli, le cui opere furono condannate sin dal 1559.