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La questione della lingua

La secolare “questione della lingua” accompagna la letteratura italiana fin dalle origini. A cominciare da Dante (col suo De vulgari eloquentia) gli scrittori si son posti il problema di quale fosse il migliore idioma nel quale comporre in versi e in prosa. Dal Trecento fino alle soglie dell’Ottocento la “questione” riguardò esclusivamente la lingua letteraria, in una storia della letteratura che per comodo diciamo “italiana”, ma che si è venuta svolgendo con propri idiomi e con proprie peculiarità culturali nelle tante realtà politiche nelle quali la penisola si trovava storicamente divisa. Un primo assestamento normativo della lingua letteraria si ebbe nel Cinquecento con Pietro Bembo, che fissò il,canone d’imitazione (Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa) al quale gli scrittori non toscani dovevano attenersi. A sostenere e diffondere quel canone contribuì per qualche secolo l’Accademia della Crusca e il Vocabolario da essa compilato, la cui prima edizione uscì nel 1612 (Manzoni, accanito postillatore di libri, ne possedeva l’edizione veronese del 1806).. A partire dal secondo Settecento quel canone fu messo in discussione dalla cultura illuministica e si cominciò a guardare alle lingue europee e a valorizzare l’uso letterario dei dialetti. Ma è nell’età del Romanticismo e del Risorgimento che la questione della lingua si affrancò definitivamente dal piano meramente letterario per divenire un problema politico-culturale di primaria importanza, riguardante la lingua della comunicazione sociale, sia nell’uso scritto, sia soprattutto nell’uso parlato.  Con la prosa semplice ed efficace dei Promessi Sposi (dopo la loro revisione linguistica) Manzoni risolvette due questioni contemporaneamente. Da un lato plasmò e diffuse una prosa moderna per quella nuova letteratura “popolare” progettata dai romantici, e dall’altro diede attuazione al suo ideale di una lingua “viva e vera” parlata da tutti gli italiani: quella lingua unitaria che come senatore del Regno egli definì e propose analiticamente (in alcuni degli scritti linguistici editi), ma che già, come poeta civile e patriottico, aveva profetizzato in Marzo 1821.

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