Nel novembre del 1807 Foscolo confidava all’amica Marzia Martinengo Cesaresco (Ep. II, p. 315) di aspirare alla cattedra di professore di eloquenza a Pavia, che si era liberata per la morte del titolare, Luigi Cerretti. Lo scrittore, quasi trentenne, era ormai insofferente nei confronti della vita militare e confidava in una sistemazione che gli avrebbe garantito uno stipendio regolare, lasciandogli tempo libero da dedicare agli studi. La nomina fu firmata nel marzo del 1808; Foscolo avrebbe dovuto cominciare le lezioni nell’autunno successivo, ma già nel dicembre, il governo, procedendo a una riforma degli studi universitari, sopprimeva con un decreto tutti gli insegnamenti del primo anno, tra cui quello di eloquenza a Pavia.
Foscolo si era già trasferito nella città universitaria, in una casa allestita con grande dispendio di mezzi e cercò invano, anche tramite l’intercessione di Vincenzo Monti, di ottenere la revoca del provvedimento; decise comunque di tenere un ciclo di lezioni, nonostante il decreto gli concedesse la facoltà di astenersi dall’insegnamento pur mantenendo lo stipendio per l’anno in corso.
La lezione inaugurale, tenuta il 22 gennaio 1809, fu seguita da un pubblico foltissimo, accorso anche da Milano. Tra i presenti c’era Vincenzo Monti, che in una lettera del 23 gennaio consigliò a Foscolo di aggiungere, nella stampa del testo della prolusione (Milano, Stamperia reale, marzo 1809), delle parole di lode per l’Imperatore, ricevendone un rifiuto sdegnoso. Il ciclo di cinque lezioni che seguì quella inaugurale fu tenuto tra il febbraio e il giugno; alla conclusione del suo incarico pavese, in una data imprecisata ma probabilmente sempre nel giugno, Foscolo pronunciò l’orazione Sull’origine e i limiti della giustizia.