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Vincenzo Monti

fotografia Vincenzo Monti (Alfonsine-Ravenna 1754 – Milano 1828) incontrò per la prima volta Foscolo a Venezia nel luglio del 1797, quando, in fuga da Roma e diretto a Milano, trascorse circa due settimane nella città lagunare e fu eletto socio, per acclamazione, della Società di istruzione pubblica. I due scrittori ebbero modo in seguito di conoscersi e frequentarsi assiduamente a Milano, dove, a partire dalla fine del 1797 e con le interruzioni dovute agli eventi politici, entrambi risiedono negli anni successivi. Tra il più maturo poeta preceduto nella Cisalpina da una fama letteraria brillante seppure politicamente discussa e il giovane Foscolo si instaura un’amicizia intensa, fatta inizialmente di complicità politiche e proficui confronti letterari, ma anche ricca di contrasti e conflitti che condurranno, nel 1810, a un’aperta rottura.

Nel maggio del 1798 Foscolo scrive l’Esame contro le accuse su Vincenzo Monti (Milano, Pirotta e Maspero), in cui interviene in difesa di Monti nella campagna di diffamazione sollevata dai nemici romani, Francesco Gianni e Giuseppe Lattanti, tesa a screditare nella Cisalpina il poeta papale, autore del poema controrivoluzionario In morte di Ugo Bassville. Il testo contiene una prima presa di posizione contro la classe dirigente milanese e una difesa, in senso patriottico e indipendentista, dell’“ingegno italiano”. All’amico “sommo cantore” è rivolta anche l’Epistola a Vincenzo Monti scritta durante il soggiorno francese tra il luglio1804 e il marzo 1806, ricca di note nostalgiche per l’amico e per l’Italia. A testimonianza di un rapporto di reciproca stima, Monti si recò espressamente a Pavia per ascoltare la prima delle Lezioni pavesi di Foscolo.

Fu intorno agli anni 1809-1810 che si consumò la rottura tra i due, in un clima di tensione e di dispute letterarie che, al di là dei singoli pretesti (le discussioni sulle traduzioni omeriche e una polemica, avvenuta a casa del ministro Venèri per una recensione negativa di un componimento di Cesare Amici, protetto dal Monti), coinvolgevano in realtà questioni di politica culturale: Foscolo accusava i letterati vicini al regime napoleonico, il cui capofila era proprio Monti, di essere asserviti al potere politico e di esercitare un’influenza egemonica nella spartizione di incarichi e onorificenze. Nell’aprile del 1810 la rottura era già definitiva, aggravata in seguito dai contrasti sollevati dalla rappresentazione dell’Ajace.

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