Nelle Grazie Foscolo aspira a un ideale di poesia assoluta, che si pone come un modello di perfezione inarrivabile che cerca di fondere in un insieme armonico materiali diversi. Illuminante è il giudizio di Foscolo stesso sul poema: “Tale è il disegno di questo poema architettato, per così dire, e di frammenti dissotterati dall’antichità, e di materiali che abbiamo giornalmente presenti agli occhi, e di ornamenti immaginati in un mondo non conosciuto”. Il poema si poneva quindi come un tentativo di sintesi tra il passato mitico e il presente, tra la bellezza armonica e l’istanza di civilizzazione degli antichi e la compassione per il presente agitato da guerre e conflitti. A questo universo minaccioso e inquietante la poesia oppone un mondo di equilibrio e serenità, delineato attraverso un’espressione precisa e luminosa, ricca di risonanze, in linea con le contemporanee esperienze figurative (primo tra tutti Canova) e poetiche del Neoclassicismo europeo. La poesia rifugge ogni eccesso di artificio, deve essere ispirata dal cuore e evocare, attraverso richiami, allusioni, citazioni, un mondo mitico, sacrale, assoluto. Lo scenario rasserenante evocato dalle Grazie e da Venere è un segno dell’azione di civilizzazione e purificazione operato dall’arte e dalla bellezza, grazie alle quali l’uomo può trovare un appagamento temporaneo e raggiungere una pace intensa anche se illusoria e precaria.
Questo sentimento di precarietà è all’origine della natura frammentaria del testo che solo in brevi quadri riesce a raggiungere la perfetta sintesi auspicata dall’autore. La poesia delle Grazie è quindi affidata a brevi frammenti di straordinaria intensità, giustamente celebri: la vergine romita, la danzatrice, la suonatrice di arpa, la tessitura del velo delle Grazie.