Le Grazie: i tre Inni
Il primo inno, composto da 299 versi e dedicato a Venere “Divinità che ha per distintivo la bella natura apparente”, contiene la celebrazione del potere civilizzatore della poesia e delle arti. Il poeta si rivolge allo scultore Antonio Canova, autore di una statua di Venere che dal 1812 si trovava alla Galleria degli Uffizi di Firenze, invitandolo a partecipare a un rito in onore delle Grazie, in nome di una comune adesione ai principi del mondo classico. L’inno celebra la nascita delle tre Grazie, definite, in appunti sul carme (EN I, p. 949), delle “divinità intermedie tra il cielo e la terra” che appaiono assieme a Venere sul mare greco; ad esse spetta il compito di condurre gli uomini al controllo degli innati istinti ferini, infondendo armonia e concordia.
Nel secondo Inno, di 350 versi, dedicato a Vesta “Nume virginale e custode del foco eterno che anima i cuori gentili”, le Grazie passano dalla Grecia all’Italia; qui, sulle colline di Bellosguardo, si celebra un rito propiziatorio al quale sono invitate a partecipare tre amiche del poeta: la fiorentina Eleonora Nencini, suonatrice d’arpa, simbolo della musica; la bolognese Cornelia Martinetti che reca all’altare un favo di miele che simboleggia la dolcezza della poesia trasmigrata dalla Grecia all’Italia e, infine, la milanese Maddalena Bignami, danzatrice.
Il terzo inno, di soli 24 versi, è dedicato a Pallade “Dea delle arti consolatrici della vita e maestra d’ingegni”; rivolgendosi nuovamente al Canova, Foscolo evoca la protezione dei grandi poeti del passato. L’inno avrebbe dovuto rappresentare le Grazie nell’isola di Atlantide dove le tre divinità si rifugiano per sfuggire alla corruzione del mondo: da qui Pallade le fa tornare presso gli uomini, protette dalle insidie delle passioni da un miracoloso velo, nel quale sono rappresentati i sentimenti più sacri all’uomo.

