titolo Ludovico Ariosto

Le rime encomiastiche

Accanto alla linea principale, subito avviata, della lirica amorosa, la produzione poetica del Tasso si aprì nel corso degli anni, e soprattutto dopo il 1579, all’elogio, all’encomio, ai versi che il poeta, sollecitato e non, compose quasi in ogni occasione. Sonetti di corrispondenza per letterati e amici, versi per nozze o per nascite, il registro più impegnativo delle canzoni riservato ai potenti a celebrare l’elezione di un principe o di un pontefice. La lunga durata e la misura imponente di questo esercizio restituiscono un panorama completo della cultura di secondo Cinquecento (da Speroni a Varchi, da Garzoni al giovane Marino), e una geografia dettagliata dei potenti “mirati” dalla poesia tassiana, in Italia e in Europa, con attenzione centrata, soprattutto negli ultimi anni, sulla Roma pontificia e sulle diverse famiglie papali, dai Boncompagni ai Peretti agli Aldobrandini. Si tratta di una sezione spesso caduca, toccata in particolare nei primi mesi della prigionia dal bisogno di sostegno e protezione di un poeta finito in disgrazia, e tuttavia talora capace, negli esercizi più ambiziosi, di costruzioni sontuose, stilisticamente sostenute: si pensi alle stanze dedicate a Sisto V, ad inizio del 1588, o ancora ai versi per Clemente VIII nel gennaio del 1592, nell’uno e nell’altro caso intesi a celebrare la maestà della Roma cristiana come compimento della gloria di Roma antica. L’encomio attingeva quei livelli di stile magnifico, il tono di gravità sentenziosa e composta che il Tasso aveva progressivamente sostituito allo stile mediano della lirica amorosa.


La fede battesimale dell’Ariosto, da M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto ricostruita su nuovi documenti, vol. I, Genève, L. Olschki, 1930-1931, p. 39

Frontespizio di una raccolta di versi edita a Venezia nel 1581, fuori dal controllo dell’autore

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