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Percorso biografico > La stagione ferrarese > Sperone Speroni
Sperone Speroni
«Lo Sperone, il quale tutte l’arti e le scienze interamente possiede», così il Tassino parlava, all’altezza del 1562, di Sperone Speroni (T. Tasso, Il Rinaldo, a cura di L. Bonfigli, Bari, Laterza, 1936, 6). Ed in effetti lo Speroni era certo una delle figure di riferimento nel panorama culturale di quegli anni: aveva alle spalle un cursus honorum impressionante: nato nel 1500, sin dal 1520 aveva insegnato nello Studio padovano, nel 1542 aveva pubblicato una serie di dialoghi in volgare e soprattutto composto la Canace, tragedia andata a stampa nel 1546 e le cui soluzioni stilistiche, a partire dalla mescolanza di endecasillabi e settenari, sarebbero state presenti al Tasso dell’Aminta. Protagonista anche delle riunioni dell’Accademia degli Infiammati di Padova, lo Speroni fece da guida già al Tassino nei suoi primi studi letterari, non senza tuttavia che la Prefazione al Rinaldo e soprattutto i I discorsi dell’arte poetica mostrassero chiaramente i tratti di autonomia della visione tassiana. La divaricazione si sarebbe acuita negli anni successivi e soprattutto nel corso della revisione romana, durante la quale lo Speroni sarebbe divenuto l’ostacolo principale e più temuto per le soluzioni teoriche che il Tasso andava congegnando (i maggiori dissidi avrebbero riguardato la questione fondamentale dell’unità d’azione necessaria al poema epico). Da questa acrimonia deriva l’ipotesi, che ancora oggi rimane la più convincente, di identificare appunto nello Speroni lo sgradevole personaggio di Mopso nelAminta. I percorsi da quel momento si separarono, all’insegna della reciproca diffidenza, con lo Speroni impegnato a gestire i suoi ultimi anni da maestro venerando, e il Tasso preso nella stagione difficile che lo avrebbe condotto a Sant’Anna.
 
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