titolo Ludovico Ariosto

Plauto

Secondo alcuni studiosi Ariosto tradusse numerose commedie di Plauto per incarico di Ercole I. Più verosimilmente Ariosto adattò sì in volgare il commediografo latino per esigenze legate alle rappresentazioni di corte, ma in una fase molto più avanzata rispetto al periodo della signoria di Ercole I, che finisce nel 1505. Sappiamo che Isabella d’Este, dopo aver assistito ad una rappresentazione dei Menaechmi a Ferrara, nel gennaio/febbraio1529, si portò a Mantova la traduzione dell’Ariosto per rileggersela con cura e restituirla alcune settimane dopo ad un trepidante Ludovico. L’autografo della traduzione ariostesca dei Menaechmi e dell’Aulularia si trovava ancora a Ferrara all’inizio del secolo XVIII, presso gli eredi del poeta, ma da allora è andata dispersa. Le rappresentazioni plautine nella corte di Ferrara durante il governo di Ercole I furono in ogni caso molto frequenti: Menaechmi [1486-1489], Anfitrione [1487, 1490, 1491], Andria [1491], Eunuco, Trinummo, Penulo [1499], Asinaria [1500], Captivi, Mercante [1501], Epidico, Bacchidi, Miles gloriosus, Càsina [1502]. Ulteriori rappresentazioni di Plauto vennero messe in scena per occasioni particolari: il 22 maggio 1492 si ebbe una replica dei Menaechmi per la venuta a Ferrara di Ludovico il Moro. Nel 1503 si recitarono Aulularia, Mostellaria, Eunuco, Maenechmi. In questo terreno di coltura Ludovico andava maturando la sua formazione teatrale. L’influenza di Plauto è particolarmente evidente nei Suppositi, dove l’intreccio nasce da una contaminazione tra i Captivi di Plauto e l’Eunuco di Terenzio, e nella Cassaria dove il rinvio contenuto nel titolo alla ‘cassa’ si configura come marcatamente plautino, sul modello sulla Cistellaria.


fotografia

Rilievo di Trier con pantomimo e maschere, Berlino, Museo Archeologico.

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