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La Cassaria

L’impegno dell’Ariosto per il teatro emerge fin dal 1493, quando entra a far parte della compagnia voluta dal duca Ercole I d’Este per allestire rappresentazioni teatrali sia a Ferrara che in altre città. In un contesto di precoce e intenso interesse teatrale, Ariosto dà avvio alla commedia moderna attraverso la mediazione dei modelli latini di Plauto e Terenzio, con una grande cura per la costruzione della scena rivolta al mondo cortigiano. La Cassaria, rappresentata nel carnevale del 1508, sullo sfondo di una scena cittadina dipinta da Pellegrino da Udine, è la prima commedia in prosa di Ludovico. A proposito della rappresentazione della Cassaria vi è una lettera di Bernardino Prosperi inviata l'8 marzo 1508 a Isabella d’Este Gonzaga che esalta la costruzione scenica: ‘una contracta et prospectiva de una terra cum case, chiesie, torre, campanili e zardini, che la persona non se può satiare a guardarla per le diverse cose che ge sono, tute de inzegno e bene intese, quale non credo se guasti, ma che le salvarano, per usarla del'altre fiate’. La prima edizione del testo, senza indicazioni tipografiche, risale al 1509. Su questa stampa vengono modellate le otto stampe cinquecentesche della commedia. La Cassaria, con un prologo in terzine, ha come obiettivo esplicito quello di compiere un’impresa nuova e mai tentata e indica come elementi di riconoscimento dello spettacolo comico la fabula e i giochi (qui intesi come ‘diverbi’, ‘equivoci’, ‘giochi di parole’). La trama della commedia è decisamente esile e non prevede personaggi dotati di spessore teatrale: nella città greca di Metellino due giovani (Erofilo e Caridoro) cercano di avere due fanciulle (Eulalia e Corisca) tenute schiave dal ruffiano Lucrano. La cassa che dà alla commedia il titolo (sul modello di Plauto) è l’oggetto principale intorno al quale si svolgono una serie di equivoci e finzioni furfantesche, con la presenza risolutiva in scena di servi e giuntatori.

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