Foscolo si accinse a scrivere il poema nell’estate del 1806, stimolato dalle conversazioni sul tema sepolcrale che aveva avuto nel corso della tarda primavera, a Venezia e a Verona, con Isabella Teotochi Albrizzi e con Ippolito Pindemonte; nell’Epistolario di questi mesi ci sono infatti frequenti accenni all’argomento che suscitava accese discussioni.
Una prima stesura di una Epistola sui Sepolcri risulta composta già il 6 settembre 1806 (cfr. Ep. II, p. 142-3), anche se il testo fu poi sicuramente rivisto e corretto almeno fino al gennaio del 1807. La poesia uscì a Brescia, presso l’editore Bettoni, nell’aprile del 1807, con una dedica a Ippolito Pindemonte, ricordato più volte nel corso del poema e autore lui stesso di versi dedicati ai Cimiteri.
L’argomento era di grande attualità all’epoca per la prevista estensione anche all’Italia dell’editto napoleonico di Saint-Cloud del 1804, che vietava la collocazione delle sepolture entro le mura delle città; l’editto relativo all’Italia, emanato il 5 settembre 1806, fu poi pubblicato sul “Giornale italiano” del 3 ottobre e viene esplicitamente citato nei vv. 51-53 del poema.
Esisteva, però, al di là del motivo contigente, una importantissima moda di letteratura sepolcrale nei confronti della quale il carme è variamente debitore: grande successo anche in Italia avevano riscosso i poeti cimiteriali inglesi come Thomas Gray e Edward Young; di argomento funebre e sepolcrale sono le Notti romane di Alessandro Verri (l’opera fu pubblicata in due parti, nel 1792 e nel 1804) e le Visioni sacre e morali di Alfonso Varano (1789). Nella Francia rivoluzionaria si era inoltre aperto un dibattito intenso sulle cerimonie funebri legate al culto della nazione. Un’altra fonte che va ricordata perché espressamente citata nell’Epistolario di questi anni, è quella del poema L’imagination di Jacques Delille, tradotto in italiano nel 1806 e inviato da Foscolo a Isabella Teotochi Albizzi (cfr. Ep. II, p. 116).