titolo Ludovico Ariosto

Catullo

Nel Piano di studi, Foscolo colloca Catullo tra i poeti che intendeva tradurre, assieme a molti greci (Anacreonte, Saffo, Teocrito) e ai latini Tibullo e Properzio. La ricezione dell’opera di Catullo è particolarmente significativa in almeno tre momenti della carriera foscoliana: il sonetto Un dì s’io non andrò sempre fuggendo che riprende il carme 101 di Catullo dedicato al rimpianto per la morte del fratello; la traduzione e il commento della Chioma di Berenice che traduce il carme 66 di Catullo e contiene il testo latino dell’epistola di Catullo a Ortalo e, infine, le Grazie che in vari momenti riecheggiano i versi del poeta latino. Alcune tematiche della poesia catulliana appaiono particolarmente congeniali a Foscolo: la meditazione sulla morte, la celebrazione dell’amore, l’allusione dotta. Nella dedica a Giovanni Battista Niccolini premessa alla Chioma di Berenice, Foscolo stabilisce una consonanza tra se medesimo e Catullo che nella ‘Lettera a Ortalo’ (Epistula ad Hortalium) parla della tristezza per la morte del fratello e del tentativo di trovare sollievo nella traduzione: entrambi i poeti si dedicano quindi al lavoro letterario per cercare conforto a uno stato di tristezza esistenziale. 


La fede battesimale dell’Ariosto, da M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto ricostruita su nuovi documenti, vol. I, Genève, L. Olschki, 1930-1931, p. 39

Gaio Valerio Catullo

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