Determinante nell’ideologia dantesca e, in particolare, nella concezione del poema è la nozione della responsabilità personale o, in altri termini, del libero arbitrio. L’uomo è, infatti, per Dante, ordinato alla beatitudine o alla dannazione eterna secondo che, nel discrezionale esercizio della propria volontà, orienti verso il bene o verso il male le proprie innate tendenze. Non a caso il subiectum della Commedia, se la si interpreta allegoricamente, è “l’uomo in quanto acquistando meriti e demeriti per effetto del libero arbitrio è esposto alla giustizia del premio e del castigo” (Ep., XIII 25)[1]. E non a caso alla definizione del libero arbitrio sono dedicate alcune capitali riflessioni nei canti XVI e XVIII del Purgatorio, in canti cioè anche numericamente centrali nella struttura del poema. Qui infatti si riconosce alle influenze astrali la capacità di incidere solo sui primi impulsi degli individui, senza ammettere alcuna ulteriore forma di predestinazione. È all’intelletto e alla libera volontà individuale che è invece assegnata la responsabilità di distinguere fra bene e male e di perseguire, anche dominando le tendenze istintive, l’uno o l’altro. Se queste posizioni appaiono perfettamente allineate alle riflessioni tomistiche sul tema del libero arbitrio, è invece tratto caratterizzante dell’ideologia dantesca l’accentuazione del contributo dell’esercizio razionale nell’atto della scelta individuale. La ragione si identifica di fatto con il libero arbitrio: essa è concessa da Dio come guida illuminante per l’uomo nelle proprie scelte morali; è, come scritto nel Convivio, creazione divina (III 7 6: “colui che fu crocifisso lo quale creò la nostra ragione”), tratto caratterizzante dell’essere uomo (II 7 3-4: “quando si dice l’uomo vivere, si dee intendere l’uomo usare la ragione […]. E però chi da la ragione si parte […] non vive uomo ma bestia”).
Una tale esaltazione dell’esercizio razionale si accompagna però nel poema alla dolorosa coscienza, più volte ribadita, della limitatezza della ragione nel penetrare i misteri della fede.
[1] “homo prout merendo et demerendo per arbitrii libertatem iustitie premiandi et puniendi obnoxius est”.