Dopo la pubblicazione non autorizzata dei I discorsi dell’arte poetica, nel 1587, il Tasso si dispose a incrementare e correggere un testo che risaliva alla prima metà degli anni ’60, e che aveva fissato le linee guida seguite nella Liberata. Già nell’estate dello stesso anno aveva messo a punto la nuova struttura dell’opera, che ora prendeva il titolo di Discorsi del poema eroico, e che tuttavia sarebbe stata pubblicata, dopo numerose altre aggiunte e revisioni, solo nel 1594, in occasione dell’ultimo dei soggiorni napoletani del poeta. Il testo passava da tre a sei discorsi, con aumento soprattutto della sezione riguardante l’«elocuzione», a precisare lo stile conveniente al poeta epico. Più in generale la crescita era effetto della volontà tassiana di documentare per via di esempi, presi da testi teorici e poetici, tanto antichi quanto moderni, le sue posizioni teoriche: abbondantissime, ad esempio, le citazioni da Virgilio e Omero, a discutere i due punti di riferimento per l’epica, ma interessante anche il confronto con scrittori coevi, come Jacopo Mazzoni e Francesco Patrizi. Nella sostanza, seppure appesantito, l’impianto teorico di riferimento rimaneva quello dei primi Discorsi, facendo registrare variazioni e irrigidimenti solo su alcuni punti, come la maggior cautela riguardo alla categoria del «meraviglioso», utile a colpire i lettori riguardo all’utilizzo di materia amorosa, o ancora l’opzione, ora esplicita, per una poesia che tendesse al docere piuttosto che al diletto. Nel momento in cui ampliava l’opera teorica giovanile, mettendola in linea con la sua nuova immagine di poeta dotto, il Tasso rifletteva già da tempo sulla «riforma» del suo poema: i nuovi Discorsi, soprattutto nella loro parte conclusiva dedicata allo stile, rappresentano dunque un momento di chiarimento e di programma, e preludono agli esiti poetici, magari non riuscitissimi ma certo consapevoli, che Tasso avrebbe ottenuto con la Gerusalemme Conquistata.