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Percorso tematico > Gli autori > Virgilio
Virgilio
«Nel decimo non s’ha intera cognizione dell’arti di Armida e del caso dell’armi di Rinaldo; s’avrà poi; e però questo sia per aviso. Il lasciar l’auditor sospetto procedendo dal confuso al distinto, dall’universale a’ particolari, è arte perpetua di Virgilio» (T. Tasso, Lettere poetiche, a cura di C. Molinari, Parma, Guanda, Fondazione Pietro Bembo, 1995, 79-80). Se il precedente di Omero rivestì funzione di modello per la Liberata, quale paradigma originario dell’epica, l’Eneide virgiliana concorse a orientare le scelte tassiane aprendo una serie di spiragli per possibili innovazioni. Oltre al lasciare «l’auditor sospetto», alla tecnica di progressiva chiarificazione dei nodi narrativi, Tasso assunse dal poema virgiliano il maggior decoro conveniente all’epica, a fronte del «particolareggiare» omerico, a rischio di abbassamenti stilistici (così, esemplarmente: «La virtù d’Omero è virtù propria del poeta e d’ogni poeta, quella di Virgilio propria del poeta eroico, a cui si conviene servar il decoro e sostener la grandezza oltre tutte l’altre cose» (T. Tasso, I discorsi dell’arte poetica e del poema eroico, a cura di L. Poma, Bari, Laterza, 1964, 248); più ancora riprese dal poema latino la lezione di un incrocio virtuoso di armi ed amori, sia sul piano narrativo, accogliendo come modello l’amore infelice tra Enea e Didone e rispondendo a quelle ragioni di modernità che spingevano ad arricchire l’unità epica con episodi dilettevoli, sia sul piano dello stile, visto che gli esametri virgiliani, unitamente ai versi del Petrarca, guidarono la stesura delle sezioni amorose della Liberata.
 
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