titolo Ludovico Ariosto

Palinodia al marchese Gino Capponi

Composta a Napoli forse nel 1835, in duecentosettantanove endecasillabi sciolti, fu pubblicata la prima volta nell’edizione di Napoli 1835.

Il titolo, “canto all’incontrario”, cioè “ritrattazione”, va ovviamente inteso in senso ironico. Si tratta di una falsa sconfessione delle proprie dottrine pessimistiche e materialistiche attraverso la quale Leopardi, in realtà (si vedano i vv. 190-7), conferma tutto il proprio disaccordo verso l’ottimismo progressistico degli “amici di Toscana” (fra cui Capponi), e contro il quale si era già espresso in una lettera a Pietro Giordani del 24 luglio 1828 (“Infine mi comincia a stomacare il superbo disprezzo che qui si professa dio ogni bello e di ogni letteratura: massimamente che o mi entra poi nel cervello, che la sommità del sapere umano stia nel saper la politica e la statistica”).

In questo Canto, epistola satirica, composta in uno stile che mescola sapientemente termini aulici e termini contemporanei (boa, cholèra, pamphlet, ecc.), vicina tematicamente ai Paralipomeni e al Dialogo di Tristano e di un amico, Leopardi con ironia corrosiva denuncia i miti del “progresso” (ottocentesco, e non solo): la scienza, gli studi socio-economici, l’industria e il “mercato”, le “gazzette” (“anima e vita / dell’universo, e di savere a questa / ed alle età future unica fonte”, vv. 151-3).

E straordinariamente efficaci sono le strofe terza e quarta, in cui Leopardi elenca le “lievi reliquie” delle età passate che infesteranno ancora le età venture: omicidio, frode, mediocrità, prepotenza (“E già dal caro / sangue de’ suoi non asterrà la mano / la generosa stirpe: anzi coverte / fien [= “saranno”] di stragi l’Europa e l’altra riva / dell’atlantico mar, fresca nutrice / di pura civiltà, ...”, vv. 59 sgg.). contrapponendole alle cose “più gravi” che produrranno la futura felicità del genere umano: nuovi vestiti, nuovi mobili, nuovi utensili, nuovi mezzi di trasporto.


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