
Il 26 aprile 1336 Petrarca ascese il Mont Ventoux, sovrastante
Carpentras, realizzando un desiderio che covava fin da bambino; volle effettuare l'impresa in compagnia del fratello
Gherardo. Nel corso della scalata si rivelò il diverso temperamento dei due: mentre Francesco cercava inutilmente di trovare scorciatoie, sviandosi ogni volta, Gherardo proseguiva diritto verso la cima. Giunti sulla vetta, Petrarca si diede a meditare sulla vita che aveva condotto nei dieci anni trascorsi dopo aver lasciato
Bologna, ne avvertì dolorosamente la vanità ed espresse il proposito di cambiare rotta. Alla fine dell'esame di coscienza aprì una pagina a caso delle
Confessioni agostiniane donategli da
Dionigi da Borgo Sansepolcro, che portava sempre con sé, e lesse la frase "E gli uomini vanno ad ammirare le altezze dei monti e i vasti flutti del mare e gli ampi letti dei fiumi e l'immensità dell'oceano e il corso delle stelle, e trascurano sé stessi" (1) ; infine tornò a valle insieme al fratello.
Tutto questo resoconto si trova esposto in una lettera allo stesso Dionigi (
Familiares IV 1), o integralmente composta o almeno profondamente rivista negli anni Cinquanta (è evidente, per esempio, che il comportamento di Gherardo prefigura a
posteriori la sua futura monacazione), che è una delle più importanti testimonianze dell'immagine che Petrarca volle dare di sé: un intellettuale ondeggiante tra le opposte spinte delle passioni carnali e delle aspirazioni sublimi, consapevole delle sue debolezze ma anche capace di nobilitarle trasformandole (un po' cinicamente) in letteratura.
(1) "Et eunt homines admirari alta montium et ingentes fluctus maris et latissimos lapsus fluminum et occeani ambitum et giros siderum, et relinquunt se ipsos".